M.D. numero 10, 28 marzo 2007

Pratica medica
Ipertensione arteriosa secondaria a iperaldosteronismo primario
di Giovanni Di Giacinto - Medico di medicina generale, Mercatello sul Metauro (PU)

Circa un anno fa un assistito di 43 anni (che avevo in carico da solo due anni), di professione imprenditore, giungeva alla mia osservazione lamentando la comparsa da alcune settimane di una marcata astenia, che imputava a un maggiore carico lavorativo e soprattutto agli innumerevoli impegni correlati ad un recente incarico politico. Nel 2002 furono riscontrati aumentati valori pressori, non ben controllati dalla terapia farmacologica. A tale proposito il paziente era stato sottoposto a ripetute visite cardiologiche, indagini di laboratorio e strumentali che avevano escluso un’ipertensione arteriosa secondaria.

Al momento della presa in carico, il paziente - pur essendo trattato con più farmaci antipertensivi (irbesartan 300 mg/die, carvedilolo 50 mg/die, doxazosin 2 mg/die) - presentava valori di pressione arteriosa frequentemente superiori a 140/90 mmHg, sulla base delle rilevazioni domiciliari e talvolta ambulatoriali.
Il paziente è normopeso, non fumatore né bevitore.
L’anamnesi familiare è positiva per ipertensione arteriosa e diabete mellito di tipo 2.
Poiché non si sottoponeva agli esami di laboratorio da circa due anni ho consigliato l’esecuzione di un prelievo ematico.
Gli esami sono risultati nei limiti della norma, escluso il rilievo di un’ipopotassiemia (2.5 mEq/L), confermata nei giorni successivi (2.6 mEq/L) con un altro prelievo.
La persistenza di valori di pressione arteriosa non adeguatamente controllati dalla terapia farmacologica, l’incapacità di dare una spiegazione al dato di laboratorio, avendo escluso cause note di ipopotassiemia (impiego di diuretici, di corticosteroidi, abuso di lassativi, diarrea profusa, ecc), mi hanno indotto a inviare il paziente a un ambulatorio dedicato per lo studio dell’ipertensione arteriosa, sospettando una forma di ipertensione secondaria.
Successivamente gli specialisti hanno dato indicazione per il ricovero del paziente presso un reparto universitario di Medicina Interna per l’approfondimento diagnostico.

Ricovero ospedaliero

Indagini di laboratorio

Gli esami confermano l’ipopotassiemia (2.9 mEq/L).
Lo studio dell’asse renina-angiotensina aldosterone (RAA) mostra una renina soppressa sia in clinostatismo sia in ortostatismo, con valori di aldosterone plasmatico e urinario aumentati.
Il test al carico salino dimostra una non responsività dell’asse RAA al carico di volume, a dimostrazione dell’esistenza di un meccanismo di produzione patologico dell’aldosterone da verosimile adenoma.

Indagini strumentali

• Elettrocardiogramma: nei limiti della norma.
• Ecocardiogramma: ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro.
• Radiografia del torace: incremento volumetrico della sezione ventricolare sinistra.
• TAC dell’addome: presenza di una piccola formazione nodulare, del diametro di 9x12 mm, a carico del surrene destro.

Diagnosi e terapia


Il paziente viene dimesso con diagnosi di ipertensione arteriosa secondaria a iperaldosteronismo primario da verosimile adenoma surrenalico.
È stata consigliata la terapia farmacologica domiciliare a base di amlodipina 5 mg/die, ramipril 5 mg/die, canreonato di potassio 50 mg/die.
Prima di porre l’indicazione alla terapia chirurgica della neoformazione surrenalica destra evidenziata dalla TAC, dopo alcune settimane il paziente viene nuovamente ricoverato per eseguire un cateterismo venoso selettivo delle vene surrenaliche, per avere la conferma del dato dell’iperproduzione monolaterale di aldosterone.
L’esame, in maniera differente, ha mostrato un’iperproduzione di aldosterone bilaterale senza segni di lateralizzazione.
Pertanto il paziente è stato dimesso con diagnosi di ipertensione arteriosa secondaria a iperaldosteronismo primario da iperplasia nodulare surrenalica.
La terapia domiciliare è stata confermata con l’indicazione di una dieta iposodica.

Decorso clinico


Attualmente il paziente presenta un buon controllo dei valori pressori e si sottopone periodicamente al prelievo ematico per il dosaggio della potassiemia, che si mantiene nei limiti della norma.
L’unico problema rilevante per il paziente è rappresentato dalla comparsa di ginecomastia, di non rara osservazione in corso di trattamento con un antialdosteronico a causa della sua struttura steroidea.1


Note & approfondimenti

Iperaldosteronismo primario

L’iperaldosteronismo primario (IP) è definito come un’iperproduzione di aldosterone indipendente dal suo meccanismo di regolazione, rappresentato dal sistema RAA.
Nei pazienti ipertesi non selezionati la prevalenza dell’IP è dell’1% circa.2 Le percentuali di prevalenza fanno riferimento all’unico segno clinico di sospetto per tale patologia rappresentato dall’ipopotassiemia.
Studi recenti, condotti nell’ambito della medicina generale, riportano percentuali elevate di prevalenza di IP tra i pazienti ipertesi, oscillanti dal 5% al 14%, utilizzando come test di screening il rapporto aldosterone plasmatico/attività reninica plasmatica (ARP).3-8
Nello studio PIP proposto da medici di medicina generale italiani,9 la valutazione del suddetto rapporto è stata eseguita in un gruppo selezionato di pazienti con sospetta ipertensione arteriosa secondaria. I criteri anamnestici, clinici e laboratoristici ritenuti essenziali per l’esecuzione del test erano rappresentati dall’assenza di familiarità per ipertensione arteriosa, dall’insorgenza dell’ipertensione in età giovanile, dall’ipertensione arteriosa severa (all’insorgenza riscontro di ipertensione allo stadio 3), dalla resistenza alla terapia (tre o più farmaci antipertensivi impiegati contemporaneamente), dall’ipopotassiemia spontanea o indotta dalla terapia diuretica.
L’applicazione di tali criteri ha portato alla selezione di 89 pazienti che sono stati sottoposti alla valutazione del rapporto aldosterone plasmatico/ARP: 16 soggetti (18%) sono risultati positivi.
La selezione dei pazienti con un criterio di sospetto clinico iniziale è servita ad identificare una popolazione verosimilmente più a rischio di patologia.

Cause


La principale causa di IP è rappresentata dall’adenoma surrenalico monolaterale (sindrome di Conn, aldosteronoma nel 70-80% dei casi; l’iperplasia nodulare surrenalica bilaterale è meno frequente, 20-30%), mentre il carcinoma surrenalico è raro.10

Diagnosi e terapia


Gli esami di laboratorio particolarmente indicativi per la diagnosi di iperaldosteronismo primario sono rappresentati da ipopotassiemia in assenza di cause note, potassiuria elevata, livelli aumentati di aldosterone plasmatico e urinario (non ridotti dopo carico ev di soluzione salina), da ARP ridotta o soppressa, da aumentato rapporto aldosterone plasmatico/ARP, da eventuale ipersodiemia e ipomagnesiemia.2
Va segnalato che in circa il 20% dei pazienti affetti da IP inizialmente la potassiemia può risultare normale (iperaldosteronismo normopotassiemico), ma nel tempo e nella maggioranza dei casi si riduce spontaneamente o a seguito dell’assunzione di un diuretico.4 Inoltre, un’ipopotassiemia può essere mascherata da una dieta iposodica.
Tra le indagini strumentali la TAC addominale permette di osservare l’eventuale presenza di un nodulo surrenalico, mentre il cateterismo delle vene surrenaliche permette di determinare se la secrezione dell’aldosterone plasmatico è monolaterale o bilaterale.2
La terapia sarà chirurgica in caso di adenoma surrenalico e medica, mediante l’utilizzo di antialdosteronici, nell’iperplasia nodulare surrenalica bilaterale.

Valutazione del paziente con ipertensione arteriosa


Secondo quanto definito dal Joint National Committee americano (JNC VII, 2003)11 nella valutazione dei pazienti con ipertensione arteriosa devono essere raggiunti quattro obiettivi:

  • conferma dell’ipertensione arteriosa;
  • identificazione di altri fattori di rischio per patologia cardiovascolare;
  • individuazione di segni di danno d’organo e di patologie cardiovascolari in atto;
  • ricerca di segni e sintomi di sospetta ipertensione arteriosa secondaria.
Ipertensione arteriosa secondaria

L’ipertensione arteriosa si definisce “secondaria” quando l’elevazione dei valori pressori è conseguente a una causa sottostante, identificabile e spesso correggibile.12 La prevalenza varia in base alle caratteristiche degli ipertesi esaminati.
Gli studi effettuati in ambienti specialistici mostrano percentuali del 5-10%, certamente un bias di selezione.12,13
Studi di comunità forniscono percentuali intorno all’1%, probabilmente sottostimate, in quanto una diagnosi precisa implicherebbe la selezione di un gran numero di soggetti da sottoporre a complesse indagini laboratoristiche e strumentali, con conseguenti non indifferenti problematiche di tipo pratico ed economico.4
Considerando che la prevalenza dell’ipertensione arteriosa essenziale è stimata essere del 25-30% nella popolazione generale, un Mmg con 1.500 assistiti dovrebbe avere circa 375-450 pazienti ipertesi. Se consideriamo solo la percentuale dell’1% delle forme secondarie, ogni Mmg con 1.500 assistiti dovrebbe avere 4-5 casi di ipertensione arteriosa “secondaria”.
Quanti di noi Mmg, ripensando ai nostri assistiti affetti da ipertensione arteriosa, possono dire di avere 4-5 o più casi certi di ipertensione “secondaria”?

Cause


Le principali cause di ipertensione arteriosa secondaria sono riportate in tabella 1.

Elementi di sospetto

Tra gli elementi anamnestici per sospettare una forma secondaria di ipertensione assumono particolare importanza l’assenza di familiarità, una storia familiare di nefropatia (rene policistico), una storia di nefropatia (ipertensione nefroparenchimale), il riscontro di un’assunzione continuativa di farmaci o sostanze “ipertensiogene”, un’insorgenza improvvisa dell’ipertensione.4
Tra gli elementi clinici vanno valorizzati l’esordio dell’ipertensione arteriosa in giovane età, con valori pressori particolarmente elevati (ipertensione nefrovascolare), la comparsa di “crisi” ipertensive associate a sudorazione, cefalea, agitazione, pallore, aritmie (feocromocitoma), un’intensa astenia associata (iperaldosteronismo primario).4
Gli elementi obiettivi significativi per sospettare una forma secondaria sono costituiti dall’osservazione di un’ipertensione arteriosa severa all’esordio (>180/110 mmHg), dall’osservazione del paziente con tratti somatici caratteristici (sindrome di Cushing), dal rilievo di una nefromegalia alla palpazione addominale (rene policistico), di un soffio addominale sisto-diastolico (ipertensione nefrovascolare), peraltro di difficile valutazione, di soffi toracici e di polsi arteriosi iposfigmici agli arti inferiori (coartazione dell’aorta).4
Nell’approccio a un paziente con sospetta ipertensione arteriosa secondaria va data particolare importanza agli esami di laboratorio. In particolare, rappresentano elementi importanti per l’inquadramento diagnostico:
  • ipopotassiemia non motivabile (iperaldosteronismo primario);
  • proteinuria e/o una microematuria persistenti;
  • aumentati valori ematici di azotemia e creatinina (ipertensione nefroparenchimale);
  • livelli di TSH aumentati o ridotti (ipotiroidismo, ipertiroidismo);
  • ipercalcemia con associati aumentati livelli ematici di PTH (iperparatiroidismo).

Infine il mancato controllo dei valori pressori in un paziente con ipertensione arteriosa in trattamento con tre o più farmaci antipertensivi, fin dall’inizio o dopo un precedente buon controllo clinico, deve fortemente indurre al sospetto di una forma secondaria di ipertensione arteriosa.4

Conclusioni


L’ipertensione arteriosa è una patologia di frequente osservazione nell’ambulatorio di medicina generale. Nella quasi totalità dei casi l’ipertensione arteriosa viene etichettata come “essenziale” dal Mmg.
Tuttavia, dobbiamo tenere conto che uno degli obiettivi della valutazione del paziente iperteso è quello di porre il sospetto di una forma secondaria e, in tal caso, inviare il paziente presso una struttura di secondo livello per la conferma diagnostica.
Una diagnosi di ipertensione arteriosa secondaria può consentire una guarigione definitiva (ipertensione nefrovascolare, adenoma surrenalico, feocromocitoma, coartazione aortica), evitando al paziente la necessità di una terapia medica di durata indefinita e permettendo alla società un considerevole risparmio dal punto di vista economico.4



Bibliografia


1. Jackson EK. Diuretici. In: Goodman and Gilman. Le basi farmacologiche della terapia (X ed). McGraw Hill, Milano 2003, 719-48.
2. Williams GH, Dluhy RG. Malattie della corteccia surrenale. In: Harrison. Principi di Medicina Interna (XIII ed). McGraw-Hill Libri Italia, Milano 1995; 2212-38.
3. Fardella CE, Mosso L, Gomez-Sanchez C et al. Primary hyperaldosteronism in essential hypertensives: prevalence, biochemical profile and molecular biology. J Clin Endocrinol Metab 2000; 85: 1863-7.
4. Gordon RD, Stowasser M, Tunny TJ et al. High incidence of primary aldosteronism in 199 patients referred with hypertension. Clin Exp Pharmacol Physiol 1994; 21: 315-8.
5. Lim PO, Dow E, Brennan G et al. High prevalence of primary aldosteronism in the Tayside hypertension clinic population. J Hum Hypertension 2000; 14: 311-5.
6. Lim PO, Rodgers P, Cardale K et al. Potentially high prevalence of primary aldosteronism in a primary-care population. Lancet 1999; 353: 40.
7. Loh K, Koay ES, Khaw M et al. Prevalence of primary aldosteronism among Asian hypertensive patients in Singapore. J Clin Endocrinol Metab 2000; 85: 2854-9.
8. Rayner BL, Myers JE, Opie LH et al. Screening for primary aldosteronism: normal ranges for aldosterone and renin in three South African population groups. S Afr Med J 2001; 91: 594-9.
9. Amadori R, Bardesono C, Berretti MT et al. Quali i criteri clinici per il sospetto diagnostico iniziale di iperaldosteronismo primario? Il progetto PIP. Simg 2006; 1: 23-5.
10. Collecchia G. Ipertensione secondaria: approccio diagnostico-terapeutico in medicina generale. www.simg.it.areacv
11. The seventh report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. JAMA 2003; 289: 2560-72.
12. Onusko E. Diagnosing secondary hypertension. Am Fam Physician 2003; 67: 67-74.
13. Wofford MR, King DS, Wyatt SB et al. Secondary hypertension: detection and management for the primary care provider. J Clin Hypertens 2000; 2: 124-31.