M.D. numero 11, 4 aprile 2007

Diagnostica
Esecuzione e interpretazione del Pap test
di Lino Del Pup - UO Oncologia Chirurgica Ginecologica, Istituto Nazionale Tumori, CRO, Aviano (PN)


Una gestione personalizzata dell’esame citologico cervico-vaginale, al di fuori dei programmi di screening, va adattata alla situazione e alle esigenze della singola paziente e comporta, oltre a una valutazione obiettiva dei risultati e all’esecuzione di eventuali indagini di approfondimento, anche un adeguato supporto informativo

Per il medico di famiglia può essere difficoltoso consigliare alle proprie assistite il timing di esecuzione dei Pap test e la gestione di Pap test anomali, in quanto le indicazioni dei programmi di screening di massa e i risultati degli studi epidemiologici non possono essere applicati acriticamente a situazioni molto diverse da quelle a cui sono rivolti o da cui originano.
Per esempio, se una paziente chiede al proprio medico di fiducia di essere rassicurata e di avere la migliore possibile prevenzione dei tumori femminili non è corretto applicare rigidamente intervalli di ripetizione o protocolli gestionali studiati per ridurre statisticamente la mortalità in una popolazione. Questi programmi tengono principalmente conto di criteri economici e di politica sanitaria, ma vanno adattati alla specifica realtà locale e alle esigenze della singola paziente.
Una gestione personalizzata comprende, oltre all’esecuzione del Pap test, anche informazioni, consigli, una valutazione obiettiva ed eventuali indagini di approfondimento di tutti i tumori genitali ed eventualmente del seno.
L’età di inizio e di termine, come gli intervalli di esecuzione dei Pap test, vanno individualizzati in base a diversi criteri tra cui: l’entità del rischio individuale, il grado di protezione che si vuole avere od offrire, l’accuratezza di esecuzione e lettura, i costi economici, la concomitanza della visita ginecologica dovuta ad altre motivazioni, il disagio dell’esecuzione e il carico emotivo per quella determinata donna. Una tale personalizzazione è teoricamente più accurata rispetto a un’esecuzione a intervalli ed età prefissate uniformemente.
Gli studi disponibili non sono però metodologicamente adatti a rilevare o comprovare benefici per la singola donna che si sottopone a controlli con schemi personalizzati.

Timing di esecuzione

Considerato che la causa determinante del cancro del collo dell’utero è l’infezione da HPV, acquisita tramite rapporti sessuali, il Pap test andrebbe idealmente eseguito 3 anni dopo l’inizio dei rapporti completi non protetti da profilattico. L’indicazione è tratta dalle linee guida dell’American Cancer Society, in base alla quali l’ultimo esame va condotto a 70 anni per le donne con almeno tre Pap test consecutivi negativi e senza fattori di rischio per neoplasie cervicali.
Se la donna sceglie invece di aderire ai programmi di screening per il cancro del collo uterino, essa viene invitata ad eseguire il Pap test tra i 25 e i 64 anni. Da un lato tale approccio standardizzato non tiene conto dei reali rischi e delle esigenze individuali, non contribuisce, almeno nelle aspettative, alla prevenzione di altre neoplasie, dall’altro però semplifica i criteri di reclutamento e si è dimostrato un sistema efficace ed economico per abbattere la mortalità per cervico-carcinoma.
Lo screening citologico dopo isterectomia per cause benigne non è invece cost-effective, ma può essere utile nei casi a rischio di patologia del basso tratto genitale e nelle pazienti oncologiche, in base a specifiche situazioni.

Intervallo tra Pap test negativi


L’intervallo di tempo standard tra i Pap test successivi consigliato nei programmi di screening in Italia per pazienti a basso rischio, con Pap test sempre negativi, è triennale.
L’esecuzione consigliata dalle linee guida dell’American Cancer Society è invece annuale se si usa la citologia tradizionale o biennale se si usa la citologia in fase liquida. Nella valutazione personalizzata, al di fuori degli screening, gli intervalli si possono abbreviare se vi sono elementi che riducono l’accuratezza dell’indagine (presenza di flogosi) o che aumentano l’entità del rischio (pregresse anomalie cito-istologiche).
Se vi sono tre Pap test consecutivi negativi l’intervallo di esecuzione si può allungare a 3 anni.
Nel caso in cui vi sia la contemporanea negatività dell’HPV test e del Pap test, la probabilità che entro 5 anni vi sia un carcinoma invasivo è irrisoria e l’intervallo può essere dilazionato.
Se il Pap test è alterato l’approccio va personalizzato utilizzando come riferimento le linee guida per la gestione dei Pap test anomali, come quelle della Società Italiana di Colposcopia e Patologiano Cervico-Vaginale del 2006 o quelle di riferimento del programma di screening in cui la paziente è inserita.

Modalità di esecuzione

Idealmente il prelievo va eseguito nelle giornate intermedie di un ciclo, in modo che la fisiologica dilatazione dell’orifizio uterino esterno e le caratteristiche del muco cervicale lo rendano meno fastidioso e più accurato. Nella pratica clinica questo è difficile da realizzare e non realmente utile. È pragmaticamente sufficiente avvertire la paziente che il giorno in cui lo dovrà eseguire non vi siano elementi che riducono l’accuratezza: mestruo, flogosi cervico-vaginali, presenza di materiale estraneo in vagina (sperma, ovuli, ecc).
Dopo avere applicato lo speculum e identificato la cervice, si striscia la spatola di Ayres sulla parte esterna della stessa facendo perno sull’orifizio uterino esterno (OUE). Per campionare adeguatamente la giunzione squamo-colonnare è utile introdurre la branca maggiore della spatola nell’OUE, nelle cervici normali, mentre in caso di ectopia si tenta di scorrere con la spatola lungo il confine tra il tessuto centrale, che appare più rossastro, e quello dell’epitelio esterno della cervice. Quindi si introduce lo spazzolino nell’endocervice, tentando di orientarlo lungo l’asse del canale stesso e di non far sanguinare. A tal fine è talvolta utile modellare l’inclinazione del brush rispetto al suo manico.
Il materiale si dispone in uno stato sottile e uniforme sul vetrino. Il fissaggio va fatto al più presto possibile, lasciando cadere sul vetrino mantenuto orizzontamente una quantità abbondante di fissativo, nebulizzato da appositi spray. Bisogna evitare di spruzzare a distanza troppo ravvicinata per non disperdere o alterare le cellule prelevate.
Se si usa la metodica detta “citologia su strato sottile” o “in fase liquida”, le spatole vanno immerse nell’apposito contenitore con il liquido di fissaggio. In questo caso la spatola di Ayres non deve essere di legno per non trattenere le cellule prelevate. Questa nuova metodologia ha costi più elevati, ha le potenzialità per divenire di prima scelta, oltre che per la migliore leggibilità dei preparati, anche per la possibilità di fare l’HPV test sul liquido residuo, dopo il riscontro di anomalie e senza dovere richiamare la paziente.
In figura 1 è illustrato il materiale necessario all’esecuzione del Pap test, in figura 2 la spatola di Ayres e in figura 3 lo spazzolino cervicale.

Presenza di leucorrea o vaginite

Se all’ispezione vaginale sono presenti secrezioni vaginali abbondanti in una paziente asintomatica (che non lamenta prurito o bruciori locali), queste vanno rimosse prima del Pap test. Se vi è un quadro clinicamente rilevante di flogosi è meglio rimandare il prelievo a dopo l’effettuazione di una terapia antimicrobica e alla risoluzione dei sintomi.
L’impostazione del trattamento va fatta basandosi sui sintomi e sui dati obiettivi.
Nella maggioranza dei casi le cervico-vaginiti sono miste, di lieve entità, non si riconosce una sintomatologia chiara, che permetta di inquadrarle come forme da Candida o da Trichomonas.
In tutti questi casi possono essere trattate con associazioni per uso topico di clotrimazolo e metronidazolo, in ovuli o crema per 6 sere, interrompendo almeno 3 giorni prima dell’esecuzione del Pap test.
Molte delle leucorree che limitano l’accuratezza della lettura citologica sono dovute, o associate, ad alterazionino dell’ecosistema vaginale che possono essere risolte con terapie topiche a base di lattobacilli.

Presenza di ipoestrogenismo

L’ipoestrogenismo menopausale determina una regressione verso il canale cervicale della giunzione squamo-colonnare, che risulta sempre più difficilmente visualizzabile con il progredire dell’età, e
il progressivo restringimento dell’orifizio uterino esterno, tale da rendere più fastidiosa e difficile l’esecuzione di un Pap test adeguato. La carenza di estrogeni aumenta inoltre la probabilità di avere dei risultati colpocitologici limitati da alterazioni cellulari, legate all’ipoestrogenismo, da emazie, per il facile sanguinamento dall’epitelio ipotrofico, o da flogosi, per l’aumentata frequenza di alterazioni dell’ecosistema vaginale e di vaginosi batteriche.
L’estriolo topico favorisce la dilatazione dell’orifizio uterino esterno, la possibilità di valutare la giunzione squamo-colonnare (GSC) e agevola l’identificazione delle zone di trasformazione anormale di grado I (ANTZ G1) e la diagnosi di lesioni squamose intraepiteliali (SIL).
Pertanto, soprattutto nelle donne a rischio che hanno o hanno avuto alterazioni pre-neoplastiche cervicali, o per le quali i risultati citologici o colposcopici in fase ipoestrogenica sono dubbi o positivi, vanno trattate per almeno 3 settimane prima del prelievo con adeguata terapia estrogenica, se non hanno specifiche controindicazioni e Pap test o colposcopia vanno eseguiti dopo una settimana dal termine della terapia estrogenica vaginale.

Pap test anomali


ASCUS

Se il risultato del Pap test è ASCUS (cellule squamose atipiche di significato indeterminato) la probabilità di presenza di un CIN II-III è del 5-17% e quella di carcinoma cervicale dello 0.2%. Pertanto, in base alle linee guidella SICPCV 2006, in presenza di ASCUS va eseguita la colposcopia o la ricerca degli HPV ad alto rischio. La scelta dipende da vari fattori, quali disponibilità delle metodiche, costi, esperienza e preferenze della paziente. L’età influenza le scelte gestionali: nelle donne che hanno più di 30 anni la probabilità di riscontrare HPV è minore rispetto a quelle più giovani, ma la probabilità di neoplasia maligna è maggiore.
Se si sceglie di fare la colposcopia e la cervice è normale bisogna ispezionare con il colposcopio la vagina e, per la massima profondità possibile, il canale cervicale, eseguendo nel dubbio eventualmente prelievi citologici profondi del canale cervicale. Se non vi sono alterazioni la paziente va rivista dopo 6 mesi. Se è ancora negativa alla colposcopia e se il successivo Pap test è negativo, si rinvia la paziente alle indagini con cadenza normale. Le linee guida americane consigliano un ulteriore esame negativo dopo altri 6 mesi, prima di riprendere la normale cadenza dei controlli.
Se la giunzione squamo-colonnare (GSC), che è la zona a più probabile insorgenza di lesioni pre-neoplastiche o neoplastiche della cervice, è visibile alla colposcopia e se si riscontrano anomalie colposcopiche si esegue una biopsia. Se la biopsia esita in CIN I, si può rivedere la paziente dopo 6 mesi o trattarla in base alla valutazione del singolo caso.
Se la giunzione squamo-colonnare non è visibile alla colposcopia è possibile non trattare subito e rinviare a un controllo a 6 mesi. Se l’ASCUS persiste si effettua un trattamento escissionale, ovvero si asporta un frammento conico di tessuto cervicale, il più possibile conservativo, a scopo diagnostico-terapeutico.
Se la diagnosi istologica è CIN II-III si procede al trattamento (conizzazione).
In presenza di ASCUS, l’alternativa alla colposcopia immediata è l’esecuzione della ricerca dell’HPV DNA ad alto rischio. Questa opzione sembra preferibile, in particolare per le donne di oltre 30 anni, in base ai dati di letteratura e alle linee guida internazionali più recenti, ma la disponibilità di un colposcopista esperto e i costi sono tali che, nella variegata situazione sanitaria italiana, l’approccio migliore va valutato in base alle situazioni specifiche.
Se gli HPV ad alto rischio risultano negativi la paziente farà un Pap test ulteriore dopo 12 mesi. Se questo è negativo tornerà a fare i controlli con cadenza normale.
Se gli HPV ad alto rischio risultano positivi la paziente va inviata alla colposcopia.

LSIL

Se il risultato del Pap test è LSIL (lesioni squamose intraepiteliali di basso grado) la probabilità di avere un CIN II-III è del 15-30%. In presenza di LSIL va eseguita la colposcopia: se la cervice appare normale, bisogna ispezionare con il colposcopio la vagina e, per la massima profondità possibile, il canale cervicale, eseguendo eventualmente prelievi citologici profondi del canale cervicale.
Se non vi sono alterazioni la paziente va rivista dopo 6 mesi. Se è ancora negativa alla colposcopia e se vi sono due successivi Pap test negativi intervallati di 6 mesi, si rinvia la paziente alle indagini con cadenza normale.
Se la GSC è visibile alla colposcopia e vi sono anomalie colposcopiche si esegue una biopsia. Se la biopsia esita in CIN I, si può trattare la paziente o in alternativa rivederla dopo 6 mesi, in base alla valutazione del singolo caso.
Se la giunzione squamo-colonnare non è visibile alla colposcopia è preferibile fare un’escissione diagnostico-terapeutica subito o in alternativa rinviare a un controllo a 6 mesi. Se la LSIL persiste si effettua un trattamento escissionale, ovvero si asporta un frammento conico di tessuto cervicale, il più possibile conservativo.
Se la diagnosi istologica è CIN II-III si procede alla conizzazione.

ASC-H e HSIL
Se il risultato del Pap test è ASC-H (cellule squamose atipiche di significato indeterminato in cui non si possono escludere lesioni squamose intraepiteliali di alto grado) la probabilità di avere un CIN II-III è del 24-94%.
Con la diagnosi di HSIL (lesioni squamose intraepiteliali di alto grado) la probabilità di progressione verso lesioni cervicali severe o neoplasie delle cervice è del 50% circa. Questo dato è molto variabile, dipende dal tempo di osservazione in assenza di trattamenti, ma con questa diagnosi le pazienti vengono biopsiate o trattate e questo ne arresta o rallenta l’evoluzione.
In presenza di ASC-H o HSIL va eseguita la colposcopia, se questa è negativa, pur valutando accuratamente il canale cervicale e la vagina, il ricontrollo va fatto dopo 3 mesi.
Se la GSC è visibile alla colposcopia si esegue una biopsia. Se la biopsia esita in CIN I, si tratta la paziente o in alternativa si può rivederla dopo 3 mesi, e non oltre, in casi specifici. Se la GSC non è visibile alla colposcopia bisogna effettuare un trattamento escissionale, ovvero un cono diagnostico-terapeutico.
Se la diagnosi istologica è CIN II-III si procede alla conizzazione.

AGC: cellule ghiandolari atipiche

Se il risultato del Pap test è AGC (cellule ghiandolari atipiche) la probabilità di avere un CIN è del 9-54%, quella di adenocarcinoma in situ del 0-8% e quelle di carcinoma invasivo dell’1-9%. Oltre alla colposcopia si raccomanda uno studio particolarmente accurato del canale cervicale. Dato il rischio che si tratti di un adenocarcinoma endometriale va fatta un’ecografia transvaginale o una isteroscopia con biopsie e/o un curettage dell’endocollo, in base alle caratteristiche della paziente.
In caso di negatività si controlla dopo 6 mesi e solo dopo 3 controlli negativi si reinvia alla normale cadenza dei controlli.
In caso di positività si segue un trattamento escissionale. In alternativa si potrebbe ricontrollare dopo 3 mesi nel solo caso in cui la GSC sia visibile.

Cosa dire alle pazienti


La sensibilità del Pap test per le lesioni cervicali squamose è del 60-70% e ancora più bassa per le lesioni ghiandolari. Pertanto è doveroso informare le pazienti che il solo Pap test serve solo come screening. Anche l’assenza di anomalie alla colposcopia, alle biopsie o il mancato riscontro di HPV ad alto rischio non significano che non vi è in atto o che non si potrà riscontrare nel breve termine una neoplasia invasiva del collo uterino. Parimenti la positività di uno o più di questi parametri non porta necessariamente ad avere questa patologia, dato che la probabilità di risoluzione spontanea è del 57% per il CIN I, del 43% per i CIN II e del 32% per i CIN III. Pertanto è importante che le pazienti non ritardino, o peggio che non sfuggano completamente ai controlli consigliati, ma che li affrontino con serenità.
Il Pap test e la colposcopia (anche se non sono sufficienti per fare diagnosi o per escludere completamente una neoplasia del collo uterino), consentono di modulare l’invasività delle indagini diagnostiche e di giungere alla conizzazione, che è l’indagine diagnostica più affidabile, solo nei casi in cui la probabilità di neoplasia cervicale è tale da rendere accettabile questa metodica, tenendo conto dei rischi, dell’età, del desiderio di prole e delle preferenze della paziente.