M.D.
numero 13, 18 aprile 2007
Farmaci
Una nuova classe di antidiabetici orali
di Sirio Spadano
Sarà presto disponibile anche in Italia sitagliptin,
primo farmaco della classe degli inibitori dell’enzima
DPP-4, che sembra essere in grado di controllare la glicemia
con un profilo di tollerabilità migliore rispetto ad
altre terapie ipoglicemizzanti
L'ultima
novità nel campo della terapia orale del diabete di tipo
2 risale a dieci anni fa, quando furono introdotti i glitazoni.
In questo lungo periodo, sono stati intrapresi nuovi studi sui
meccanismi patologici fondamentali della malattia che hanno
prodotto nuove conoscenze sui meccanismi di mantenimento dell’omeostasi
glicemica. In particolare, l’attenzione dei ricercatori
si è concentrata sulle incretine, ormoni intestinali
che vengono rilasciati in risposta all’ingestione di cibo
e che, a livelli fisiologici, aumentano la risposta dell’insulina
in modo glucosio-dipendente. L’interesse verso le incretine
quale target terapeutico ha portato alla scoperta di nuovi approcci
per il trattamento del diabete tipo 2 e il risultato delle ricerche
condotte in questo campo è stata la messa a punto e il
conseguente sviluppo di una nuova classe di farmaci per via
orale, gli inibitori della dipeptidil-peptidasi-4 (DPP-4), il
cui capostipite è sitagliptin, prossimamente disponibile
anche in Italia dopo la recente approvazione alla commercializzazione
in tutti i paesi della Unione Europea.
Incretine ed enzima DPP-4
Quando la glicemia è elevata, le incretine, quali GLP-1
(peptide glucagone-simile-1) e GIP (peptide insulino-tropico
glucosio-dipendente), agiscono in due modi per aiutare l’organismo
a regolare i livelli della glicemia elevati:
• stimolano il rilascio di insulina dalle cellule beta
del pancreas, facilitando la captazione e l’immagazzinamento
di glucosio a livello del muscolo e di altri tessuti;
• inibiscono il rilascio di glucagone dalle cellule alfa
del pancreas, regolando il rilascio da parte del fegato del
glucosio immagazzinato.
Tuttavia le incretine rilasciate in seguito ad un pasto vengono
rapidamente degradate dall’enzima DPP-4. Pertanto, attraverso
l’inibizione di tale enzima le incretine - che nei pazienti
affetti da diabete di tipo 2 sono meno attive - rimangono a
concentrazioni più elevate per un periodo di tempo più
lungo e attraverso il loro effetto sulle cellule beta e alfa
nelle isole pancreatiche aiutano l’organismo a rilasciare
l’insulina quando è necessario e a controllare il
rilascio del glucosio dai depositi nel fegato.
Questo innovativo meccanismo d’azione sembra fare da complemento
anche ad altre classi di farmaci per il diabete, il che rende
potenzialmente gli inibitori dell’enzima DPP-4 una scelta
razionale sia in combinazione con altre molecole che in monoterapia
iniziale.
Gli inibitori dell’enzima DPP-4 offrono il potenziale di
controllare la glicemia con un profilo di tollerabilità
migliore rispetto a molte delle terapie orali per il diabete
attualmente disponibili.
Profilo di sitagliptin
Come detto, il primo inibitore del DPP-4 ad essere introdotto
in terapia è sitagliptin (Januvia), farmaco di Merck
Sharp & Dohme, che con l’approvazione in UE è
attualmente autorizzato in 42 paesi.
Il programma di sviluppo clinico sul farmaco è molto
ampio, con 47 studi completati o in corso e con altri nove studi
il cui inizio è programmato per quest’anno. Nei
trial clinici sono stati coinvolti circa 7.600 pazienti, di
cui 4.700 trattati con sitagliptin (1.900 pazienti hanno
ricevuto il farmaco per oltre un anno).
Il dosaggio raccomandato di sitagliptin è di 100 mg in
monosomministrazione giornaliera ed è stata dimostrata
un’efficacia complementare sulla glicemia sia associato
a metformina (Diabetes Care 2006; 29: 2638-43) che a pioglitazone
(Clin Ther 2006; 28: 1556-68).
Negli studi di fase III, sitagliptin ha ridotto in modo significativo
i livelli glicemici se usato in monoterapia, come trattamento
aggiuntivo a due terapie comunemente usate (metformina o glitazoni)
e in co-somministrazione con metformina. Inoltre in uno studio
di confronto ha dimostrato un’efficacia ipoglicemizzante
confrontabile a quella di glipizide (sulfonilurea), con differenze
significative nelle variazioni di peso e nell’insorgenza
di ipoglicemia (Diabetes Obes Metab 2007; 9: 194-205). In questi
studi, sitagliptin ha ridotto in modo significativo i livelli
della glicemia glicemia a digiuno, della glicemia post-prandiale
e dell’emoglobina glicata.
Il trattamento con il farmaco ha inoltre prodotto miglioramenti
significativi nei parametri della funzionalità delle
cellule beta pancreatiche: HOMA-beta e il rapporto proinsulina/insulina
a digiuno.
La sicurezza e la tollerabilità di sitagliptin a dosaggi
di 100 mg e 200 mg/die (il doppio del dosaggio proposto per
la registrazione) sono state valutate raggruppando i dati provenienti
da studi in monoterapia e da studi come terapia aggiuntiva.
Sitagliptin ha presentato un’incidenza totale di effetti
collaterali confrontabile con quella del placebo. L’incidenza
di ipoglicemia è risultata simile fra sitagliptin e placebo
(1.2% vs. 0.9%), mentre nello studio di confronto con la sulfonilurea
glipizide, durato un anno, la percentuale dei pazienti trattati
con sitagliptin che hanno presentato almeno un episodio ipoglicemico
è stata 6 volte minore di quella dei pazienti trattati
con glipizide (4.9% vs. 32%).
Non sono state osservate variazioni clinicamente significative,
rispetto al basale o rispetto al placebo, per quanto riguarda
il peso corporeo.