M.D. numero 14, 25 aprile 2007

Rassegna
Meno calorie per allungare la vita?
di Simona Palermo


Una recente rassegna ripropone l’ipotesi che la restrizione calorica faccia vivere più a lungo, grazie probabilmente al mantenimento di uno stato di salute ottimale e alla prevenzione dell’insorgenza di malattie cardiovascolari, obesità, diabete e alcuni tipi di tumori


Sempre più numerosi sono gli studi che attribuiscono alle diete ipocaloriche un effetto diretto sul processo di invecchiamento e, quindi, sulla longevità.
Le evidenze scientifiche che dimostrano una correlazione causale certa tra la riduzione di calorie nella dieta e il rallentamento del processo di invecchiamento, con il conseguente allungamento della vita massima, sono per ora limitate a modelli animali. I primi dati sono stati ottenuti sui ratti e da allora sono stati confermati in decine di studi su diversi modelli animali, dagli invertebrati fino ai pesci e ai roditori e, più recentemente, ai primati. Una rassegna aggiornata sull’argomento è stata recentemente pubblicata sul JAMA (2007; 297: 986-94).

Studi sull’uomo


La possibilità di ottenere dati scientifici sugli effetti della restrizione calorica sulla longevità umana è limitata dalla difficoltà pratica di valutare la durata massima della vita, che negli animali da esperimento rappresenta il parametro di riferimento per valutare l’efficacia di qualsiasi intervento nel rallentare l’invecchiamento. Tuttavia, studi clinici ed epidemiologici hanno dimostrato che la riduzione delle calorie induce negli esseri umani le stesse modificazioni dell’assetto metabolico, ormonale e d’espressione genica osservate nei modelli animali.
I dati ottenuti sugli otto volontari dello studio Biosfera 2, che hanno subito una significativa e prolungata riduzione dell’apporto calorico (~22% per 18 mesi), mostrano riduzioni significative dei maggiori fattori di rischio cardiovascolare, soprattutto in termini di profilo lipidico e pressione arteriosa. Analogamente, le osservazioni condotte sui membri della Calorie Restriction Society, che si sono volontariamente sottoposti ad una dieta ipocalorica per circa sei anni, mostrano, oltre alla riduzione della pressione sistolica e diastolica e al miglioramento del profilo lipidico, una riduzione dei livelli circolanti di citochine infiammatorie e di fattori di crescita, nonché un aumento della sensibilità all’insulina. Inoltre risultano ridotti i livelli circolanti di triiodotironina (T3), ormone tiroideo che controlla il metabolismo cellulare, la temperatura corporea e probabilmente anche la produzione di radicali liberi dell’ossigeno, tutti fattori cruciali nel processo d’invecchiamento. Ulteriori studi hanno messo in evidenza, in condizioni di restrizione calorica, un rallentamento del deterioramento della funzione diastolica, noto marcatore d’invecchiamento primario, e la riduzione di un marcatore dello stress ossidativo, altro importante mediatore dell’invecchiamento.

Considerazioni conclusive


Sebbene non esistano per il momento evidenze scientifiche che dimostrino una correlazione certa tra restrizione calorica e longevità, la letteratura scientifica è piuttosto concorde nel riconoscere che una dieta a ridotto apporto calorico, associata ad uno stile di vita non sedentario, favorisce il mantenimento di uno stato di salute ottimale, contribuendo a prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari, obesità, diabete e alcuni tipi di cancro.
Quale sia l’apporto calorico ottimale resta però da stabilire. Ciò che appare evidente, invece, è che nella formulazione di una dieta ipocalorica, la riduzione delle calorie va gestita con la massima attenzione. Innanzitutto, la dieta ipocalorica deve essere nutrizionalmente bilanciata, con un apporto adeguato in micronutrienti essenziali. Inoltre, occorre tener presente che un regime di restrizione calorica eccessiva potrebbe avere, specialmente nei soggetti più magri, conseguenze negative sulla salute, quali stanchezza cronica, anemia, diminuzione della massa muscolare, depressione e anoressia nervosa.
Infine, le abitudini alimentari a cui oggi spesso costringe la vita quotidiana rendono poco praticabile l’adozione di una dieta ipocalorica continuativa e prolungata nel tempo. Da ciò deriva il crescente interesse verso lo sviluppo di agenti farmacologici in grado di mimare la restrizione calorica per produrre gli stessi effetti benefici senza dover modificare la dieta e senza incorrere nei rischi di una dieta sbilanciata. Oggi esistono numerosi farmaci di questo tipo: tra questi, le molecole polifenoliche di origine vegetale (primo fra tutti il resveratrolo), gli agenti potenzianti l’azione dell’insulina (per esempio la metformina) e gli inibitori della glicolisi (2-deossiglucosio).
Ulteriori studi sono necessari per valutare se queste ed altre molecole siano effettivamente in grado di aumentare l’aspettativa di vita.