M.D. numero 14, 25 aprile 2007

Riflettori
Medici di famiglia dal certificato facile
di Stefania Piccolo


È un’accusa che di quando in quando riappare sui giornali e suscita sempre enormi polemiche. Il dibattito su tale questione si è riacceso qualche settimana fa quando l’economista Pietro Ichino ha pubblicato sulno Corriere della Sera un attacco da prima pagina contro i medici e i loro Ordini


Medici irresponsabili e spesso in malafede che certificano milioni di giornate di malattia a nullafacenti sani come pesci. È questa l’accusa lanciata di recente dall’economista Pietro Ichino sulle pagine del Corriere della Sera che ha riportato alla ribalta il problema delle certificazioni di malattia da parte dei medici di medicina generale. Al centro del mirino dell’economista c’è l’Ordine dei Medici: “Assistiamo tutti i giorni a casi in cui la malafede dei medici curanti è evidente; e, anche quando questi sono denunciati - specifica Ichino - l’Ordine chiude entrambi gli occhi. Questo potere di autorizzare chiunque a mettersi in malattia può essere gratificante per un medico di scarsa levatura professionale; mentre, al contrario, rifiutare un certificato di comodo può costargli la perdita di un paziente. Ma ci sono anche molti medici seri che al proprio interesse antepongono il dovere. E comunque la compiacente certificazione a comando costituisce una grave violazione del Codice deontologico, il quale imporrebbe al medico, quando egli attesta un’infermità, di farlo con una formulazione di giudizi obiettivi e scientificamente corretti” (art. 24).
Secondo Ichino il fatto che, di fronte a una violazione così platealmente diffusa e culturalmente radicata, sia addirittura il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici a “giustificare l’inerzia di questi organismi” (Corriere della Sera 23.03.07, pag. 53), la dice lunga sulla questione se essi siano davvero posti a garanzia dell’nteresse della collettività, o non agiscano invece di fatto come una sorta di sindacato nazionale obbligatorio di categoria.

Cosa succede negli altri Paesi


Come noto l’indennità di malattia spetta per un periodo massimo di 180 giorni. I primi tre giorni sono a carico del datore di lavoro, mentre dal quarto giorno di assenza è l’Inps a provvedere al pagamento. L’Italia e Malta sono probabilmente gli unici Paesi al mondo in cui si stila il certificato di malattia fin dal primo giorno di assenza dal lavoro, anche se a Malta il certificato di malattia è regolarmente stilato non solo dai Mmg, ma anche da altri medici a ciò specificatamente incaricati o da medici privati.
Quei Paesi che sono passati dalla certificazione eseguita fin dal primo giorno di malattia a una certificazione dal quarto giorno in avanti non hanno avuto nessun aumento dell’assenteismo. In numerosi studi effettuati e in base alle esperienze pubblicate di medici che hanno lavorato e lavorano in Australia, Canada, Norvegia, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, ecc., i tipi di diagnosi, la lunghezza della prognosi e il numero di certificati stilati non sono connessi solamente con il tipo di malattia e con la sua gravità. Fanno variare questi parametri il tipo di status sociale del lavoratore, le condizioni socioeconomiche in cui vive la sua famiglia, da quanto tempo si conoscono medico e paziente, l’età del medico, il tipo di lavoro del paziente, il tipo di malattia patita indipendentemente dalla gravità riscontrata.

Cosa stabilisce l’ACN


In un articolo pubblicato da M.D. (2005; 33:12) a firma di Roberto Carlo Rossi e Stefano Nobili, Mmg del sindacato Snami si faceva notare che non vi è una norma “contrattuale” specifica che obbliga il Mmg al rilascio del certificato di malattia fin dal primo giorno di assenza del lavoratore (art. 38 DPR 270/2000; art. 52 ACN 2005). Si precisava poi che è copiosa la letteratura internazionale che documenta che l’accesso del paziente al medico anche per malattie a bassa morbilità ha come frequente (e logico) risultato la prescrizione di farmaci e di presidi terapeutici. Fatte queste premesse, bisogna anche osservare che, oggi, in molti Paesi ci si interroga sulla validità e correttezza del certificato di malattia rilasciato dal Mmg. In alcuni si propone, in maniera scorretta secondo gli autori, che il certificato dovrebbe essere sostituito da semplici liste-malattia (a una determinata diagnosi corrisponde di solito un determinato numero di giorni di prognosi). In altri, più correttamente, si pensa che tale certificato è e deve essere un’attività precipua del Mmg. Questi è l’unico professionista della salute che conosce approfonditamente il proprio paziente ed è quindi l’unico in grado di valutare se e quanto quel determinato processo patologico incide sulla capacità lavorativa specifica del singolo. È proprio per queste ragioni che un atto medico così importante non deve essere svilito. “L’accesso allo studio del medico di famiglia per patologie che implicano un periodo di malattia inferiore ai quattro giorni è inutile da un punto di vista previdenziale - affermavano i due medici - non ha nessun effetto positivo nel contenere l’assenteismo, può essere un motivo di aumento della spesa sanitaria, è sicuramente un aggravio di carattere burocratico per il medico che viene così indebitamente distratto dalla sua attività professionale”.

Le proposte dell’Ordine di Roma e dello Snami


Contro il certificato facile i medici di famiglia contropropongono, infatti, l’obbligo di autocertificazione, da parte del lavoratore, per brevi periodi di malattia, fino ai 3 giorni. “Il grosso delle certificazioni cosiddette facili - spiega Mario Falconi, presidente dell’Ordine dei Medici di Roma - riguarda infatti le assenze brevi o brevissime dal lavoro, per malattie non diagnosticabili oggettivamente e di cui il medico può solo prendere atto sulla base di quanto riferisce il suo paziente”. La denuncia che arriva dalle pagine del Corriere della Sera mette in luce un fenomeno vero da stigmatizzare “come un pessimo malcostume - dice Falconi - che a volte sfiora il reato di truffa e di falso. Così come non si può non essere d’accordo sulla necessità che tutti facciano la loro parte per correggere questa stortura”. Ma il problema, secondo il presidente dell’Ordine romano, riguarda l’intero sistema, a partire dal quadro legislativo. Solo per le assenze brevi e per stroncare il fenomeno si può e si deve ricorrere all’autocertificazione da parte del lavoratore, come i medici hanno chiesto da oltre un decennio ai vari governi”.
Fino ad allora, annuncia provocatoriamente Falconi “continuerò io stesso a rilasciare certificati ritenuti facili o compiacenti, poiché me lo impone la legge e il mio dovere di medico. Finché la legislazione non sarà modificata nessun medico potrà mai prendersi la responsabilità di ignorare i disturbi riferiti da un paziente e di negare, di conseguenza, brevi periodi di riposo o di cura. L’Ordine fa e farà ancor meglio la sua parte, ma anche tutti gli altri soggetti in causa facciano la loro, a partire dal legislatore e dai sindacati. Non è possibile per i medici continuare a portare sempre da soli la croce di ogni problema della sanità. Essere al servizio dei cittadini non significa dover essere anche i capri espiatori per tutto ciò che non funziona nella nostra società”. Piergiuseppe Conti, presidente dello Snami, concorda: la soluzione è già sui tavoli del Governo attuale e lo era anche su quelli dei precedenti”. Una proposta che anche Snami ha avanzato da tempo “per stabilire regole certe per le certificazioni di malattia. Si tratta di responsabilizzare il lavoratore e far sì che autocertifichi la malattia fino a tre giorni. Questo avviene in tutti i Paesi europei, dove si va dal medico dal quarto giorno di indisposizione in poi”.
I medici hanno già pronto l’apposito emendamento alla legislazione vigente. Le Leggi che regolano la materia sono principalmente due: la Legge 29 febbraio 1980, n. 33 e la Legge 23 aprile 1981, n. 155.
La proposta è quindi quella di modificare la Legge 29.02.1980 n. 33 con il provvedimento che segue: “Il comma 1 dell’art. 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, è sostituito dal seguente: “art. 2. - Nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa superiore a tre giorni, il medico curante redige in duplice copia e consegna al lavoratore il certificato di diagnosi e l’attestazione sull’inizio e la durata presunta della malattia secondo quanto definito nella convenzione nazionale unica per la disciplina normativa e il trattamento economico dei medici generici e pediatri, stipulata ai sensi dell’art. 9 della legge 29 giugno 1977, n. 349, e successive modificazioni e integrazioni”.