M.D. numero 17, 16 maggio 2007

Editoriale
In principio era l’associazionismo


Regionalizzare, decentrare, responsabilizzarsi: i medici di medicina generale, forse, sono stati i primi professionisti della salute a credere, sostenere e percorrere la svolta federalista. Innanzitutto, attraverso un accordo convenzionale nazionale che ripartisce le responsabilità, i livelli d’intervento e il relativo impegno economico, tra Stato, Regioni e territorio. La riorganizzazione politico-funzionale in senso regionale ha creato una serie di modelli organizzativi coerenti con i singoli scenari locali, ma, a prescindere da questi diversi modelli, ha lasciato nelle mani del Mmg il ruolo-chiave nella presa in carico del paziente: sia nell’accesso alle cure, sia nei percorsi terapeutici.
Una costante irriducibile, che ormai torna in tutte le analisi e valutazioni in corso dell’attuale crisi di crescita del sistema delle cure primarie, vuole però che il Mmg sia tuttora ostacolato nello svolgimento del suo ruolo per la frammentazione esistente all’interno dell’area sanitaria, mancando innanzitutto l’integrazione tra il territorio e l’ospedale, oltre che quella con i servizi sociali. Se si pensa che il Mmg è punto di riferimento essenziale per tutti i cittadini all’interno del Sistema sanitario nazionale, ma lo è ancor di più per i pazienti fragili, anziani e malati cronici, si arriva facilmente a capire quanto la frammentazione si rifletta negativamente sulla qualità dell’assistenza che questi ultimi riescono a garantirsi.
La risposta che i Mmg hanno prodotto “in proprio”, per porre rimedio alla frammentazione, è stata quella dell’associazionismo medico. Essere associati e fruire di un’infrastruttura telematica per la condivisione di cartelle cliniche e archivi, oltre a essere necessario per attivare collegamenti in rete con Asl e Regioni, ha costituito, infatti, la base dell’evoluzione che i medici di famiglia stessi hanno immaginato fosse il futuro organizzativo della propria disciplina in Italia. Le varie forme associative miravano a rendere più facile il rapporto tra cittadino e medico, a snellire le procedure di accesso ai vari servizi della Asl, ma anche a garantire un più elevato livello qualitativo
e una maggiore appropriatezza delle prestazioni erogate, realizzando adeguate forme di continuità dell’assistenza e delle cure anche attraverso l’integrazione tra medici. Questa strada oggi è affollata di sigle: UTAP, UCP, DCP, CS, UMG e quant’altro rendono difficile ai Mmg e ai pazienti capire come e, addirittura, dove i primi andranno a lavorare e i secondi potranno trovare il loro medico di fiducia, almeno con la stessa accessibilità di oggi.
M.D. propone in questo numero “una bussola” per orientarsi e alcune voci che cercano di guardare questa selva intricata dal punto di vista delle radici. Tanto per chiarirsi le idee, e arrivare alla trattativa della prossima Convenzione con una visione più chiara sui modelli da riproporre, e quelli decisamente da archiviare.