M.D. numero 18, 23 maggio 2007

Appunti
C’era una volta la pletora medica

Dihi non ricorda gli anni in cui uno dei più grandi problemi del Ssn era lo sproporzionato numero di medici (disoccupati o sottoccupati) rispetto alla popolazione? Non passava giorno che i dirigenti sindacali e i presidenti degli Ordini dei Medici non indicassero nella “pletora” uno dei mali della sanità nazionale. Dai media era tutto un fiorire di inviti ai giovani a disertare le facoltà mediche, pena la disoccupazione e la depressione. Sino ad arrivare alla legge 264/1999 che stabilì il numero chiuso per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia.
L’Italia, però, è un Paese strano. Già nel 2001 si palesarono difficoltà per alcune Asl del Sud nel reperire medici disponibili per le guardie mediche estive dislocate nelle località turistiche anche a fronte di emolumenti più che dignitosi.
Ed ora, qual è la situazione? Secondo uno studio dell’Ocse, datato febbraio 2006, relativo al rapporto medici-popolazione, l’Italia è ancora in testa alla classifica tra i Paesi sviluppati con 4 medici ogni mille abitanti rispetto ai 3.4 della Germania e ai 2 della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Nonostante ciò, la Fimmg di recente ha denunciato una grave carenza di professionisti della continuità assistenziale (CA) nel Nord. Ma il sindacato non si è fermato solo alla denuncia, ha proposto che i medici in eccesso al Sud potrebbero colmare le carenze di organico (40%) nei servizi di CA delle Regioni del Nord. E inoltre ha paventato una possibile cooperazione tra Regioni del Mezzogiorno che hanno un numero superiore di medici di medicina generale, per compensare il gap.
C’è di più: nella “Bozza di documento sulla rifondazione della medicina generale”, approvata dal Consiglio nazionale Fimmg, a pagina 16 si riporta questa previsione: “Ogni anno vengono formati 1.560 Mmg (15.600 fra 10 anni). Da oggi al 2017 andranno in pensione 25.500 generalisti. Il saldo sarà di 9.900 medici in meno. Significa che circa 11 milioni di pazienti rimarranno senza medico di famiglia”. Allora, che fare? Certo, pensare all’abolizione del numero chiuso nelle facoltà mediche significherebbe tornare a una situazione di pletora medica. Del resto, i giovani medici attualmente hanno ancora difficoltà a inserirsi in un mercato del lavoro stabile. Salvo emigrare dal Sud al Nord. Ma, se il trend non verrà modificato, è “matematico” attendersi non solo la realizzazione della previsione della Fimmg sul numero di italiani che rimarrà privo di assistenza primaria, ma anche la riduzione di servizi offerti. Solo a titolo di esempio ricordo che le guardie mediche estive di cui si parlava nel 2001 non esistono più nella maggior parte delle località di vacanza.
La strada maestra, anche se è difficile da percorrere, è la programmazione. Programmazione, in primis, del numero di accessi alle facoltà di Medicina e di Odontoiatria, ma anche per l’accesso alle scuole di specializzazione, alcune sono sovradimensionate, altre sottodimensionate con grave carenza di specialisti come in anestesia e rianimazione. Anche il numero di nuovi Mmg andrà dimensionato al bisogno e ai pensionamenti previsti. Difficile? Sì. Soprattutto perché occorrerà conciliare i diversi e spesso contrastanti interessi in gioco cominciando per esempio a cercare di capire a chi toccherà, nell’Italia della deregulation, il compito di programmare.

Filippo Mele
Medico di medicina generale,
Policoro (MT)



Riflessioni in vista dei rinnovi contrattuali

L'osservazione che voglio fare ai sindacati di categoria, soprattutto alla Fimmg, è quella d’avere in passato valutato sempre l’incremento salariale ottenuto nelle contrattazioni esclusivamente nell’ottica dei Mmg massimalisti. In realtà solo la metà dei Mmg presenti sul territorio sono massimalisti, gli altri si ritrovano con quote dai 1.100 in giù e non si può pensare che chi non è massimilista non lo sia per scarso valore professionale: in molte realtà locali non c’è un numero di assistiti sufficiente.
I conti sono presto fatti: un Mmg con 1.000 assistiti, associato, informatizzato, aderente al Siss, che fa un po’ di ADI, può percepire intorno ai 4.900 euro lordi/mese che diventano 3.000 dopo le tasse e 2.000 scarsi dopo le spese fisse. Si tratta di meri calcoli empirici e approssimativi, ma uno studio del Cergas Bocconi è stato ancora più drastico (Mmg con 1.000 assistiti = 50.000 euro lordi/anno che dopo tasse e spese si volatilizzano).
In effetti le spese, i mezzi, il carico burocratico e i rapporti col fisco e la Asl sono uguali con 500 o 1.500 assistiti.
Con questo non voglio certo arrivare a dire che gli emolumenti di un massimalista debbano essere uguale a quelli di un minimalista! Semplicemente vorrei evidenziare che solo con 1.500 assistiti si ha un margine discreto sulle entrate, si può, se si vuole, assumere segretaria e infermiere, ecc. (in effetti, le statistiche rilevano come solo i massimalisti abbiano personale, malgrado poi siano “bastonati” dall’IRAP).
A tali condizioni si è costretti, volenti o nolenti, a rimanere in servizio fino a 70 anni, data la pensione di 1.500 euro lordi al mese maturata a 65 anni.

Ambrogio Baj
Medico di medicina generale,
Cantello