M.D. numero 18, 23 maggio 2007

Farmaci
Scompenso cardiaco: ruolo dei diuretici
di Livia Tonti

I diuretici svolgono un ruolo cruciale nel migliorare i sintomi dello scompenso cardiaco. Alcune evidenze suggeriscono che torasemide, un diuretico dell’ansa, possa essere in grado di ridurre anche la mortalità


I
l trattamento farmacologico dello scompenso cardiaco ha come obiettivi il miglioramento dei sintomi, la prevenzione dell’evoluzione della malattia e la riduzione della mortalità. Tra le opzioni terapeutiche di cui è stata accertata la validità nel trattamento di questa patologia, i più utilizzati sono ancora i diuretici: dal registro SOLVD (Studies of Left Ventricular Dysfunction) emerge che ne fa uso circa il 60% dei pazienti
(J Am Coll Cardiol 2003; 42: 705-8). Il loro utilizzo nello scompenso cardiaco trova d’altra parte una forte giustificazione, sancita anche dalle più recenti linee guida europee (Eur Heart J 2005; 26: 1115-40), essenzialmente per ridurre la sintomatologia.

Quale diuretico?


Secondo le linee guida, lo scompenso cardiaco lieve può essere trattato con diuretici tiazidici, ma in caso di peggioramento diventa necessario il ricorso a diuretici dell’ansa. Anche tra i farmaci di questa classe vi sono importanti differenze di cui è opportuno tenere conto per operare la scelta più valida.
Per esempio, soprattutto nei casi di scompenso cardiaco grave, per evitare il ricorso a un aumento dei dosaggi del diuretico, spesso necessario a causa di un peggioramento della funzione renale o di un diminuito assorbimento gastrointestinale, è preferibile utilizzare torasemide, piuttosto che furosemide, per la sua migliore biodisponibilità, che permette un effetto più stabile e migliori risultati in termini di riduzione dei ricoveri per scompenso (Am J Med 2001; 111: 513-20).
Tra i diuretici, torasemide sembra offrire benefici che vanno oltre il miglioramento dei sintomi, essendosi dimostrata efficace, nel ridurre la mortalità e la morbilità per questa patologia. Questi effetti sono stati specificamente evidenziati nello studio TORIC (TORasemide In Congestive heart failure) (Eur J Heart Fail 2002; 4: 507-13), che ha riguardato 1377 pazienti con scompenso cardiaco cronico in classe NYHA II-III. Oltre a confermare la sicurezza e la tollerabilità di torasemide, lo studio ha dimostrato una riduzione della mortalità nei trattati con questo farmaco del 51.5% rispetto a furosemide/altri diuretici (p<0.05). Torasemide è risultata inoltre più efficace nel migliorare la classe NYHA e ha mostrato un minore effetto sull’escrezione di potassio rispetto a furosemide. Tali effetti potrebbero essere, almeno in parte, da attribuire alla capacità, caratteristica di torasemide, di inibire il legame dell’aldosterone con il suo recettore (Eur J Pharmacol 1991; 205: 145-50; Cardiology 1994; 84: 14-7). È noto infatti che l’aldosterone svolge un ruolo cruciale nella deplezione del potassio e del magnesio e nel sostenere e peggiorare lo scompenso cardiaco, promuovendo la fibrosi miocardica, l’attivazione simpatica, l’inibizione parasimpatica e la disfunzione barocettoriale.