M.D. numero 20, 6 giugno 2007

Clinica
Diagnosi e terapia dell’iperprolattinemia
di Giorgio M. Baratelli - Chirurgo senologo, Ospedale di Gravedona (CO)

Il riscontro di livelli elevati di prolattina richiede un’attenta valutazione clinica e una diagnostica differenziale particolarmente accurata, che deve tenere conto di eventuali altre malattie concomitanti, situazioni fisiologiche e interferenze farmacologiche

La prolattina (PRL) è un ormone polipeptidico (198 aminoacidi) di basso peso molecolare, secreto dalle cellule lattotrope dell’ipofisi anteriore.
La sua secrezione è inibita della dopamina (Prolactin Inhibiting Factor - PIF) e da elevati valori di ormone circolante, mentre è stimolata dal TRH (ormone liberante la tireotropina), serotonina, estrogeni, endorfine.
Durante la gravidanza, l’ipofisi fisiologicamente raddoppia di dimensioni, in gran parte per iperplasia e ipertrofia delle cellule che producono prolattina, determinata dalla stimolazione estrogenica. Il tasso di PRL aumenta fino a 250 ng/ml immediatamente prima del parto, per poi normalizzarsi in due settimane se la donna non allatta e in circa tre mesi se allatta.
La PRL ha la funzione di preparare, in sinergismo con estrogeni e progesterone, la ghiandola mammaria alla lattazione; durante il puerperio, mantiene e promuove la lattazione stessa e il periodo di amenorrea post-partum. La suzione del capezzolo da parte del neonato ne stimola per riflesso nervoso la produzione.
Al di fuori della gravidanza e del puerperio, la prolattina non sembra avere una funzione particolare né nella donna né nell’uomo. Nella donna la concentrazione dell’ormone varia in rapporto alle differenti fasi del ciclo mestruale: generalmente si riscontra un aumento poco prima o immediatamente dopo l’ovulazione.
La sua secrezione presenta un andamento circadiano con concentrazioni più basse al mattino e più alte durante la notte, dopo la fase REM; una ritmicità circa-annuale è stata verificata soltanto in alcune popolazioni femminili (giapponesi) e non in altre.
Il limite di normalità è 20 ng/ml (500 mU/l) nella donna e 15 ng/ml (375 mU/L) nell’uomo.
Il prelievo per il dosaggio deve essere eseguito in un ambiente confortevole almeno due ore dopo il risveglio, in quanto un prelievo eseguito troppo presto può risentire dell’innalzamento della prolattina nel sangue che si verifica normalmente durante il sonno. Va utilizzato un ago butterfly o un’agocanula da lasciare in vena in modo da potere prelevare, senza lo stress della puntura, due o tre campioni di sangue a 20 minuti di intervallo tra loro.
Il dosaggio della prolattina è indicato in caso di alterazioni del ciclo mestruale, galattorrea, sterilità, disturbi del comportamento sessuale, cefalea e alterazioni del campo visivo.

Cause di iperprolattinemia


L’iperprolattinemia è una condizione clinica dove i livelli di PRL sierica sono costantemente elevati. La sua prevalenza è bassa nella popolazione generale (0.4%), ma vengono raggiunti valori pari a circa il 20% in donne con disordini riproduttivi.
Può essere di natura fisiologica e in tal caso è solitamente temporanea: oltre alla gravidanza e l’allattamento, si riscontra dopo uno sforzo fisico intenso, durante l’attività sessuale, durante il sonno, dopo stress fisiologici e stress causato da intervento chirurgico e da anestesia generale, oppure per stimolazione protratta del capezzolo (piercing o indumenti).
La causa iatrogena di iperprolattinemia, per l’assunzione di farmaci che alterano le vie centrali di controllo sulla secrezione della prolattina, è la più frequente. Tra i farmaci che possono causare iperprolattinemia si trovano antagonisti dei recettori dopaminergici, depletori di dopamina, farmaci ad azione ormonale (estrogeni e contraccettivi orali), oppioidi, procinetici e altre molecole (alfa-metildopa, verapamil, isioniazide) e alcuni fitofarmaci e alimenti (es. luppolo di birra).
Le iperprolattinemie patologiche possono essere suddivise in primarie (cause ipotalamo-ipofisarie) e secondarie (cause extraipofisarie).

Iperprolattinemia primaria
Oltre alla natura idiopatica o funzionale (forse dovuta a iperfunzione delle cellule secernenti PRL) l’iperprolattinemia può essere causata da:

  • prolattinoma;
  • adenomi ipofisari misti (secernenti PRL e ACTH o PRL e GH);
  • patologie che coinvolgono l’asse ipotalamo-ipofisiario (encefaliti, malattie vascolari, tumori, ecc.).

Iperprolattinemia secondaria
Livelli elevati di PRL sono riscontrabili anche in caso di:

  • ipotiroidismo;
  • insufficienza renale grave;
  • cirrosi epatica grave;
  • sindrome dell’ovaio policistico;
  • sindrome post-toracotomica (rara sindrome dovuta al processo di guarigione di un’incisione toracica, che simula gli effetti della suzione del lattante; può essere associata anche a mastalgia. È stata osservata anche in casi di ustioni e di herpes zoster interessanti il torace);
  • sindrome paraneoplastica (carcinoma a cellule renali, carcinoma bronchiale).

Sintomatologia

Nella donna lievi aumenti di prolattina sono generalmente asintomatici, mentre in caso di alto incremento si osservano irregolarità mestruali (oligomenorrea, amenorrea), galattorrea e sterilità. Sono state descritte anche alterazioni della sessualità, in particolare diminuzione del desiderio e anorgasmia.
Nell’uomo, elevati livelli di PRL determinano una marcata riduzione del desiderio e della potenza sessuale.
A volte si ha sterilità per ridotta produzione di spermatozoi; solo occasionalmente si può osservare ginecomastia ed eccezionalmente galattorrea.
Quando l’iperprolattinemia è sostenuta da un macroadenoma secernente si possono osservare in entrambi i sessi sintomi legati all’effetto massa tumorale che comprime le strutture circostanti: cefalea, alterazioni del campo visivo, disturbi neurologici e ipopituitarismo.

Diagnosi


In caso di conferma di iperprolattinemia la raccolta di informazioni sulle eventuali terapie seguite dalle pazienti è importante per escludere la causa iatrogena e un’attenta anamnesi clinica è dirimente per la scelta degli esami da effettuare in seguito. L’esame obiettivo è volto alla ricerca di segni riferibili a ipotiroidismo, policistosi ovarica, tumore ipofisario.
Test di gravidanza, indagini ematochimiche di routine (soprattutto funzionalità epatica e renale), valutazione della funzionalità tiroidea (dosaggio T3, T4, TSH) e dosaggio di FSH, LH, estradiolo e testosterone sono utili per la diagnosi differenziale.
Un’ecografia pelvica è indicata nel sospetto di policistosi ovarica.
Gli eventuali deficit visivi e campimetrici devono essere quantizzati con una visita oculistica.

Prolattinoma


La probabilità della presenza di un adenoma ipofisario PRL secernente (prolattinoma) è direttamente correlata con i valori della prolattina: valori compresi tra 100 e 200 ng/ml sono assai sospetti, mentre valori di PRL >200 ng/ml sono quasi invariabilmente associati alla presenza di un adenoma ipofisario. Successivamente la RMN con mdc della regione sellare è l’indagine di elezione per la conferma diagnostica.
Il prolattinoma rappresenta il 30% di tutti i tumori ipofisari asportati chirurgicamente e il 45% di quelli incidentalmente riscontrati all’autopsia.
In base alle loro dimensioni vengono distinti in microadenomi (diametro inferiore a 10 mm) o macroadenomi (diametro maggiore a 10 mm). Più del 90% di quelli diagnosticati è rappresentato da microadenomi intrasellari.
L’85% dei prolattinomin sono diagnosticati nelle donne, nei due terzi dei casi si tratta di microprolattinomi.
Va tenuto presente che nelle donne con prolattinoma la galattorrea è presente nel 75% dei casi e l’amenorrea nel 50%.
Nell’8-14% dei casi il prolattinoma è associato alla sindrome MEN-1(Multiple Endocrine Neoplasia, type 1), una sindrome ereditaria caratterizzata da tumori delle paratiroidi, tumori delle insule pancreatiche e tumori dell’ipofisi. Al contrario nel 40% dei soggetti con sindrome MEN-1 è presente un prolattinoma.
Bisogna però tener presente che l’incidentaloma ipofisario, spesso senza alcun significato clinico, è riscontrato con una frequenza del 10% nei soggetti che si sottopongono per un qualsiasi motivo a una risonanza magnetica cerebrale.
In caso di iperprolattinemia con risonanza magnetica negativa per lesioni ipofisarie è opportuno inviare la paziente all’endocrinologo per:
  • dirimere il sospetto di iperprolattinemia idiopatica, responsabile del 30% dei casi d’iperprolattinemia con valori superiori a 100 ng/ml e la cui diagnosi è posta per esclusione;
  • differenziare i rarissimi casi (asintomatici) d’iperprolattinemia dovuti alla presenza in circolo di molecole di prolattina ad alto peso molecolare, biologicamente inerti, dette big-PRL, o big-big-PRL, talora legate in complesso con anticorpi della classe IgG.
È possibile anche che l’perprolattinemia sia sostenuta da un adenoma ipofisario misto, secernente PRL e ACTH oppure PRL e GH, mentre i carcinomi prolattino-secernenti sono rari.

Terapia


Il trattamento della sindrome iperprolattinemica è differente in rapporto all’eziologia. In caso di iperprolattinemia iatrogena è sufficiente la sospensione e/o la sostituzione del farmaco responsabile.
Nei casi associati ad altre patologie (iperprolattinemie secondarie) la terapia è rivolta al loro trattamento.
Nelle iperprolattinemie idiopatiche o funzionali, in assenza di riscontro di adenoma ipofisario, è indicato l’utilizzo di farmaci agonisti della dopamina, quali bromocriptina e cabergolina, che riducono la produzione di PRL. Questi farmaci devono essere usati sotto controllo specialistico. Il loro dosaggio varia a seconda dei casi e il loro effetto scompare sospendendo il trattamento.
La bromocriptina è prescritta a un dosaggio iniziale di 0.25 mg due volte al giorno, da aumentare gradualmente a seconda della risposta clinica e di laboratorio; la cabergolina può essere utilizzata a dosaggi di 0.25-0.50 mg due volte alla settimana. I principali effetti collaterali sono: nausea, cefalea, ipotensione, vertigini, congestione nasale e stipsi, ma solitamente tendono a regredire col proseguire del trattamento e solo raramente ne impongono la sospensione.
La cabergolina presenta meno effetti collaterali rispetto alla bromocriptina. È indicata come farmaco di prima scelta o come farmaco di seconda scelta nelle pazienti che non tollerano la bromocriptina.
Generalmente la terapia farmacologica dura da sei mesi a due anni. In questo arco di tempo bisogna dosare la prolattina basale mensilmente fino alla sua normalizzazione e in seguito ogni tre mesi. Il dosaggio della PRL è indicato anche dopo due-tre mesi dal termine della terapia.
Va tenuto presente che nelle pazienti in trattamento con farmaci dopaminergici la contraccezione ormonale è controindicata, in quanto gli estrogeni stimolano la produzione di prolattina.
La terapia farmacologica è indicata anche nel caso di prolattinoma, con una percentuale di successo che raggiunge il 90% circa dei casi; a volte può determinare la riduzione di volume del tumore (effetto shrinkage o di “raggrinzimento”). È raccomandabile ripetere la risonanza magnetica dopo un anno di terapia.
La terapia neurochirurgica è indicata nei casi di macroadenomi e solo eccezionalmente di microadenomi che non rispondono alla terapia medica o che presentano sintomi da compressione. L’intervento consiste nell’asportazione dell’adenoma per via trans-rino-sfenoidale e può essere gravato dalla possibilità d’insorgenza di ipopituitarismo postoperatorio.
La radioterapia viene utilizzata in pazienti con malattia progressiva non responder agli altri trattamenti e anche tale approccio è gravato dalla possibilità di insorgenza di ipopituitarismo, spesso anche a distanza di diversi anni dal trattamento.