M.D. numero 20, 6 giugno 2007

Riflettori
I mali assistenziali di un federalismo imperfetto
di Gianluca Bruttomesso

La disaffezione tra Mmg e Regioni è una realtà di fatto. Molto sembra dipendere dalla struttura istituzionale che consente il divario, conosciuta come federalismo. Un federalismo, quello italiano, che durante il secondo Congresso regionale della Fimmg Lombardia, tenutosi a Milano, è stato definito imprescindibile, ma imperfetto e foriero di schizofrenie assistenziali


Secondo Guido Marinoni, vice segretario della Fimmg Lombardia, a fronte di provvedimenti che rientrano nell’autonomia regionale trovano difficoltà a procedere a livello nazionale altri che dovrebbero attenere a livelli garantiti di qualità dell’assistenza su tutto il territorio nazionale, che al contrario sono facilmente devoluti. Risulta arduo, secondo Marinoni, in un sistema siffatto, proporre un disegno unitario di rifondazione della medicina generale (MG). Occorre quindi trovare il modo di aggregare la MG per portarla all’interno del sistema con responsabilità dirigenziali con un modello organizzativo che si adatti ovunque. Risulta necessario definire un Lea per la medicina generale che sia caratterizzato da un modello organizzativo, da processi decisionali e operativi uniformi su tutto il territorio nazionale. Il federalismo in materia fiscale può essere giusto e può esserlo pure riguardo a decisioni organizzative locali. Ma su capisaldi dell’assistenza quali la politica del farmaco, l’organizzazione delle cure primarie e la formazione del professionista non bisogna farsi prendere la mano da un delirio federalista schizoide e mantenersi ben saldi su posizioni che tutelino tutti, sia la professione medica sia chi della professione si deve servire per curare la propria salute.
I nodi dello sviluppo del federalismo in sanità sono stati portati alla ribalta anche da testimoni di altre Regioni. Giancarlo Ruscitti, segretario sanità e sociale della Regione Veneto, pur affermando la necessità che le Regioni “con meno problemi” debbano contribuire a livello nazionale nel supportare quelle che hanno oggettivamente una difficoltà economica nel raggiungere i Lea, denuncia però l’insoddisfazione sul come i fondi siano stati utilizzati localmente e soprattutto di come a livello centrale sia costantemente ignorata la concorrenza legislativa che esiste tra Stato centrale e Regioni. Queste ultime troppo spesso rincorrono atti amministrativi che non hanno voluto, ma che poi devono applicare. Ruscitti chiede al governo centrale di avere una libertà più ampia e concorrere a livello solidale anche su confronti in merito a come sono spesi i fondi che le Regioni destinano a livello centrale.
Di tutt’altro parere Giovanni Bissoni, assessore alla sanità dell’Emilia Romagna, secondo cui il sentire comune non sta tanto nel chiedere più federalismo in sanità. “Tutti continuiamo a far riferimento al Ssn - afferma Bissoni - se il Ssn cessasse di essere, temo che dovremmo riflettere seriamente anche sulla tenuta dei servizi sanitari regionali così come oggi li abbiamo costruiti e conosciuti. Se rompiamo il tema dell’universalismo dell’equità e della gratuità delle cure in sede nazionale, tale tema non reggerebbe nemmeno a livello del perimetro della singola Regione”. Secondo Bissoni, la devoluzione ha dato la possibilità alle Regioni che volevano correre di correre di più. La differenza l’ha fatta l’efficacia del governo regionale: là dove quest’ultimo era particolarmente inefficace, la Regione ha perso ulteriori colpi. È questo un problema sul quale è bene riflettere perché dietro tale questione c’è la sussistenza o meno del Ssn. Al riguardo l’assessore sottolinea l’importanza del contributo della medicina generale a tale questione: “Nell’ultimo ACN, in nome dell’autonomia delle singole Regioni, comprensibilmente si sono precisati alcuni obiettivi generali rinunciando a definire un modello di funzionamento della medicina generale perché intere Regioni hanno inteso farne materia propria e occuparsene in sede regionale. Ancora una volta alcune Regioni sono state in grado di definire un modello regionale, mentre altre non ce l’hanno fatta, relegando la convenzione a semplice strumento finanziario. Possiamo tentare nella prossima convenzione di definire un modello di funzionamento, lasciando pure libere le Regioni?”.

La medicina generale


Il rapporto tra Mmg e Regioni però non gode certo di “buona salute” e a mettere il dito nella piaga è stato il segretario nazionale Fimmg, Giacomo Milillo.
“Nonostante le dichiarazioni di centralità del Mmg - afferma Milillo - di fatto, nel mondo in cui si effettua la programmazione e viaggiano le risorse, i Mmg non erano e non sono parte del sistema: siamo liberi professionisti convenzionati in un mondo in cui le risorse sono decise e programmate dai dipendenti per i dipendenti, dal quale noi siamo esclusi. E anche quando riusciamo a creare eccellenze, perché troviamo dei dipendenti, dei direttori generali, dei dirigenti illuminati che vogliono credere nella nostra progettualità, al cambiare di queste persone tutto è vanificato. La ragione? Noi non abbiamo ancoraggi certi al Ssn”. Secondo Milillo, i Mmg devono proporre e ottenere un inserimento a pieno titolo nei processi di programmazione e gestione del Ssn: non si deve trattare di una concessione, né di un parere, ma di una funzione di partecipazione sancita dalla legge, esattamente come devono partecipare per esempio il dirigente dell’azienda sanitaria e il direttore di dipartimento.
Altro punto fondamentale, secondo il leader Fimmg, è quello di eliminare la concorrenza tra Mmg, che è stata letale per la categoria, impedendole di crescere. “Ci è stato detto che bisognava avere un rapporto ottimale inferiore al massimale perché la concorrenza tra i medici avrebbe procurato qualità. Non era e non è vero. Dobbiamo evitare che il Mmg si trovi a lavorare da solo e che sotto la pressione della concorrenza e della scelta dell’assistito venga spinto a comportamenti di compiacenza anziché concordare con il collega per crescere professionalmente. Se non riusciremo a eliminare la concorrenza non riusciremo a eliminare l’isolamento del medico di famiglia e la sua autoreferenzialità. Uno dei vantaggi di altri ambienti di lavoro e che inizia ora a realizzarsi anche nella medicina di famiglia, è quello di potersi confrontare con i colleghi, e arricchirsi dei loro pareri. Noi, invece, siamo gelosamente chiusi in un rapporto con il nostro assistito, anche là dove si costruiscono forme associative”.
Pur dichiarando che da parte delle istituzioni regionali e del ministero della Salute ci sono stati dei segnali positivi di attenzione rispetto alla medicina generale Milillo però tiene a evidenziarne l’attuale schizofrenia. “Il Governo, nella sua fase legislativa, ci ha preso sul serio. Ma tuttavia bisogna constatare il comportamento divergente e autonomo delle diverse Regioni, ognuna impegnata in provvedimenti in tema di bilancio, con l’eccezione della Lombardia. Ogni Regione intraprende iniziative sulla prescrizione del farmaco, negando ai Mmg autorevolezza e autonomia, allettandoci con il ‘comparaggio di Stato’: ti premio se mi fai risparmiare, analogo al comportamento di un’industria farmaceutica che promette: ti premio se mi prescrivi. Ma soprattutto dimostra di non credere nelle capacità professionali dei Mmg. Oltre a incidere per il bilancio sulle modalità prescrittive, in quanto il farmaco rimane sempre il primo imputato, oltre alla repressione di tipo militaresco con la Guardia di Finanza, cominciano a esserci applicazioni ritardate o chiusure evitate degli accordi regionali sulla MG, per motivi di bilancio”.