M.D. numero 21, 13 giugno 2007

Blog
Formazione: dimmi che corso frequenti e ti dirò che tipo sei
di Cesare Tosetti - Medico di medicina generale, Porretta Terme (BO)

Gli “stop and go” del progetto ECM nel nostro Paese di fatto non hanno mai fermato i congressi e i corsi di aggiornamento. Così a poco a poco si sono strutturati dei veri e propri format di corso caratterizzati da una diversa frequenza e tipizzazione di partecipanti

Riparte, con difficoltà, il progetto di Educazione Medica Continua, ma i congressi e i corsi di aggiornamento non si sono mai fermati. E con essi si è mosso incessantemente il popolo migratore dei congressisti e dei corsisti, popolazione eterogenea formata, suo malgrado, da personalità che all’interno dell’offerta formativa si barcamenano beati come in un atollo tropicale o stretti come in una vasca da bagno. Ai corsi si va per vocazione o per obbligo o, più frequentemente, per quella mistura di motivazioni che si chiama professionalità. È bene distinguere. I congressi possono essere appuntamenti sontuosi, per lo più riservati agli specialisti, con trattamenti di rango e una buona opportunità per ribadire “io c’ero”. L’accoglienza può essere stratificata per potere contrattuale: ai dirigenti di livello superiore è riservato quel trattamento a stelle multiple che lo specializzando di solito intravede in qualche rara commistione. Il foyer della sede congressuale svolge la stessa funzione sociale di quello del nobile teatro alla prima rappresentazione dell’evento clou della stagione. Comunque il grande congresso rappresenta spesso la palestra indispensabile per trovare quello spunto perseguito da tempo o quel contatto indispensabile per lanciare un progetto importante. Località più o meno esotiche fanno da sfondo anche a chi cerca solo di staccare qualche giorno da una routine imbarazzante.



Il set dei corsi di formazione


Diverso è il set del corso di formazione. Per lo più medici di medicina generale, irreggimentati in format collaudati, celebrano il rito della trasmissione piuttosto che quello dello scambio delle conoscenze. Se l’adesione al corso è volontaria, l’occasione può anche essere un’amichevole opportunità di ritrovare le solite quattro facce. Se il corso è obbligatorio l’arte di arrangiarsi può esprimersi con piccole rivalse: l’entrata in ritardo, l’uscita anticipata, le lunghe pause, l’occasione per un colloquio con un collega. Queste considerazioni non sono certo nuove né alla categoria medica né ai nostri pazienti, che hanno visto medici a congresso in diversi film e in quasi tutti, se non erano teatro di un effimero assassinio, l’occasione congressuale era il comodo riparo di attività private. Tuttavia a essere rappresentato è stato per lo più il regale congresso, caratterizzato da una dimensione temporale abbastanza lunga tale da coprire alcuni giorni (e alcune notti), un apparato fascinoso costituito da eventi socializzanti in località suggestive.
Occupiamoci invece dei corsi di formazione, in epoca di “no pizza please”, della durata di una giornata o una porzione di essa, organizzati in locali la cui principali caratteristica è una buona parcheggiabilità.
Nella tabella 1 ho raccolto la tipologia prevalente degli eventi. Il corso spot è un breve incontro, generalmente serale, mordi (un buffet in piedi) e fuggi dopo una chiacchierata su un prodotto farmaceutico da lanciare o rinverdire. Il corso comunicativo invece consiste nelle 5 ore standard con firme di presenza che le aziende sanitarie locali organizzano nell’ambito della convenzione: sufficientemente breve per non stressare, abbastanza lungo e noioso per creare malumori. Solitamente una buona occasione di rivalsa sindacale e di commenti acidi sul peggiorare della situazione. Il corso detto socializzante è gradito ai colleghi infaticabili che riescono a non declinare l’invito per un week-end in luoghi turisticamente apprezzabili, con visita a produzioni tipiche non esclusivamente farmaceutiche. Il corso partecipativo infine rappresenta il fiore all’occhiello degli esperti di formazione: una giornata intera in cui sperimentare quelle tecniche mirabolanti di role playing che apprese in tempi lontani e sempre tenute nel cassetto. I partecipanti sono molto motivati e dotati di grande spirito di sopportazione: può essere un corso molto temuto.
A ciascuno dei format di corso corrisponde una diversa frequenza e tipizzazione di partecipanti. Da esperienza vissuta ho classificato otto tipizzazioni: il tipo rassegnato, il tipo resistente, il tipo arrabbiato, il tipo interventista, il tipo piacione, il tipo ombra, il tipo da gruppo, il tipo comune.
Il tipo rassegnato frequenta i corsi comunicativi con spirito di sopravvivenza. Giornale e cellulare sono le armi migliori per organizzare la resistenza al tempo che passa. Ho visto accaniti anti-fumatori alzarsi esibendo goffamente un pacchetto di bionde per concedersi uno stacco all’aria aperta.
Il tipo resistente trova palco di esibizione sia nei corsi comunicativi sia partecipativi. Resiste a ogni sforzo di inserirsi nel meccanismo, a ogni tentativo di partecipare, a ogni idea che gli altri partecipanti possano avere davvero un interesse nell’evento. La capacità ipercritica è esasperata a ogni particolare, ma si può arrestare di fronte a un buon buffet.
Il tipo arrabbiato è una belva in gabbia. Lo spazio gli sta stretto e percorre chilometri sul fondo della sala rimbalzando da parete a parete. Il tempo gli sta ancora più stretto, ma non manca di ogni occasione per dissentire su teoremi politici e organizzativi superiori. Di solito abbandona l’aula senza rimpianti dei partecipanti.
Il tipo interventista è presente in tutti i corsi con predilezione per quelli partecipativi. Un’insospettabile cultura enciclopedica gli permette di porre domande su qualsiasi argomento. Spesso le domande sono intriganti e si sospetta che le prepari il giorno prima. Se prolunga il dibattito può essere molto odiato dagli altri partecipanti.
Il tipo piacione dimostra una capacità di intervento potenzialmente simile al precedente, ma solitamente prende la parola una volta sola per corso, giusto per fare apprezzare la sua quasi indispensabile presenza. Ama i corsi socializzanti.
Il tipo ombra rappresenta un vero e proprio un enigma organizzativo: assente all’apertura dei lavori, appena guardi dietro le tue spalle lo vedi seduto come se fosse arrivato due ore prima. Scompare durante il corso, ma ricompare ai coffee-break. Poi lo rivedi al corso successivo.
Il tipo da gruppo ama gli eventi socializzanti, ma partecipa solo con i suoi compagni più affini: ogni corso serve per pianificare le uscite successive, con elegante suddivisione delle spese. Il gruppo è ben organizzato: chi ritira il materiale, chi gestisce l’ospitalità, mentre i questionari sono un lavoro collettivo. Si sa, l’unione fa la forza.
Il tipo comune infine è quello che non rifiuta gli inviti se non per causa di forza maggiore, ogni tanto pone una domanda al relatore, specialmente se l’argomento riguarda davvero la sua pratica quotidiana, se deve fare un lavoro di gruppo sul foglio scrive qualche appunto accanto ai disegni di margherite, quando decide di alzarsi è perché il corso è davvero finito.
E tu che tipo da corso sei?