M.D. numero 20, 6 giugno 2007

Clinica
Disfunzioni minzionali maschili: diagnostica clinica e strumentale
di Edoardo Ostando ed Erika Ghirardi - U.O. di Urologia, Azienda Ospedaliera “Santa Maria degli Angeli”, Pordenone

Nell’inquadramento delle patologie disfunzionali del basso apparato urinario maschile sono disponibili molti strumenti per la definizione diagnostica dei sintomi. Anamnesi, esame clinico e diario minzionale sono però fondamentali, e spesso esaustivi, per porre la diagnosi

I sintomi suggestivi di patologie disfunzionali della minzione nell’uomo sono tra i motivi più frequenti di richiesta di consultazioni mediche. Una parte considerevole di motivazioni per tale domanda è correlata soprattutto alla necessità dello screening di patologie prostatiche e al timore di ripercussioni sulla funzionalità del basso apparato urinario, anche in considerazione dell’avanzare dell’età o di altre condizioni morbose concomitanti.
In effetti le disfunzioni minzionali maschili sono in gran parte rappresentate dalla presenza di un ostacolo al flusso urinario, benché le cause siano riconducibili a due fondamentali condizioni fisiopatologiche:
1. aumento della resistenza al flusso urinario a livello infravescicale (collo vescicale, uretra prostatica, uretra membranosa, uretra anteriore, meato uretrale esterno);
2. deficit contrattile del muscolo detrusore, primitivo o secondario, con riduzione della vis a tergo.
Anche se tuttora in uso, la distinzione dei sintomi del basso apparato urinario (LUTS) in sintomi di incontinenza, irritativi, ostruttivi e dolorosi, è stata superata e sostituita, da parte dell’International Continence Society, in quattro categorie:
• sintomi della fase di riempimento;
• sintomi della fase di svuotamento;
• sintomi post-minzionali;
• dolore.
La diagnostica delle disfunzioni minzionali procederà pertanto dall’inquadramento corretto dei sintomi da correlare con le procedure diagnostiche di laboratorio e strumentali.

Anamnesi


La comunicazione con il paziente e il colloquio rivestono un ruolo fondamentale per interpretare correttamente il problema, le sue ripercussioni nella vita quotidiana, la comorbilità e le aspettative di cura da parte del soggetto.

Anamnesi generale

L’anamnesi generale ha rilevanza per l’identificazione delle condizioni morbose a rischio per la funzione del basso apparato urinario, delle interazioni farmacologiche per terapie mediche in atto e della qualità di vita.
Riveste importanza:

  • anamnesi patologica remota (diabete mellito, cardiopatie, pneumobroncopatie, neuropatie). Va indagato in particolar modo l’aspetto neurologico, stante la frequentissima interazione fra questo e la funzione del basso apparato urinario (vasculopatie cerebrali, Parkinson e parkinsonismi, sclerosi multipla, traumatismi, ecc);
  • anamnesi chirurgica: soprattutto per procedure a livello pelvico o a livello del sistema nervoso centrale e periferico;
  • anamnesi urologia: infezioni, patologie neoplastiche, patologie malformative, traumatismi, pregressa chirurgia in ambito uro-genitale.

Tabella 1 - Anamnesi minzionale: raccolta di informazioni
• Posizione abituale assunta per effettuare la minzione
• Esitazione (o attesa pre-minzionale), urgenza minzionale
• Impegno del torchio addominale (manovre di ponzamento per favorire o mantenere lo svuotamento)
• Riduzione della forza del flusso urinario
• Calibro del mitto (filiforme, a spruzzo, bifido, gocciolante)
• Continuità o intermittenza del flusso urinario
• Durata abituale dell’atto minzionale
• Sensibilità del basso apparato urinario (sensazione percepita di desiderio minzionale abituale, di flusso dell’urina, di minzione completa)
• Sintomi post-minzionali (gocciolamento post-minzionale, minzione in più tempi)
• Presenza di dolore (caratteristiche, localizzazione, relazione con la fase minzionale, fattori condizionanti la sua comparsa o la sua remissione)
Anamnesi minzionale

L’anamnesi minzionale è mirata a identificare il pattern minzionale abituale attraverso la raccolta di alcune informazioni (tabella 1).
Non va inoltre trascurata la valutazione collaterale della funzione sessuale e degli aspetti qualitativi dell’urina.
Con la raccolta di tali informazioni potrà essere già orientato il programma diagnostico, che tuttavia dovrà essere integrato da altri momenti fondamentali per lo screening iniziale del paziente. Il primo di questi è rappresentato dall’esame fisico, generale e urologico.
Esame obiettivo
La visita medica dovrà procedere con l’ispezione e la palpazione dell’addome, dalle logge lombari alla regione sovrapubica per valutare:
• presenza di dolore (renale, ureterale, vescicale);
• distensione della vescica (presenza di globo vescicale per la condizione di ritenzione urinaria);
• presenza di masse renali e di cicatrici chirurgiche.
La regione pudenda, per l’ispezione e la palpazione dei genitali esterni, viene indagata in particolar modo per:
• ispezione del meato uretrale esterno (localizzazione, pervietà, sofficità, secrezioni);
• presenza di aree flogistiche nella regione perineale o peniena (dermatiti, edemi);
• eventuali anomalie a livello scrotale (integrità e trofismo dei testicoli, masse quali ernie inguinali, idrocele, spermatocele, neoplasie).
L’esplorazione rettale è essenziale per la valutazione della ghiandola prostatica (volumetria, simmetria, consistenza, stato dei suoi profili e della sua superficie, dolorabilità), ma è interessante anche per analizzare la condizione dello sfintere anale (tono, trofismo, contrattilità volontaria e riflessa) e le eventuali condizioni concomitanti (ragade, emorroidi, sovradistensione fecale dell’ampolla rettale, stenosi, ecc).
Non va trascurato un esame neurologico mirato della regione pelvica per meglio definire:
• sensibilità dei dermatomeri sacrali (regione perineale e arti inferiori, simmetria);
• riflessi sfinterico-anali (superficiale e profondo o bulbo-cavernoso);
• riflessi superficiali (addominali superiore, medio e inferiore, cremasterici).
Infine l’ispezione e la palpazione della regione sacrale è utile per gli eventuali disrafismi spinali occulti.
L’esame obiettivo generale si prefigge invece lo scopo di valutare quelle condizioni morbose responsabili di deficit motori o disturbi cognitivi, nonché dei possibili segni da attribuire alle condizioni neuropatiche interferenti (postura, tremori, incoordinazioni motorie, ecc) e tutto ciò che può aiutare il medico per la valutazione dello stato clinico del soggetto.

Diario minzionale


Un’altra indagine di screening è rappresentata dal diario minzionale, compilato dal paziente a domicilio e per un periodo di tempo sufficientemente rappresentativo delle proprie abitudini minzionali. Tale ausilio diagnostico assume il significato di un vero test urodinamico e fornisce informazioni sul regime di idratazione del soggetto, sulla frequenza delle minzioni (diurne o notturne), sui volumi urinari vuotati e sugli eventuali sintomi presenti (urgenza, episodi di incontinenza urinaria, dolore, uso di ausilii protettivi, ecc) riferibili alla fase di riempimento del basso apparato urinario.
È bene però tenere presente che tale strumento deve essere compilato senza che il paziente modifichi il proprio abituale stile di vita e deve essere commentato nel corso del colloquio medico-paziente per potere interpretare correttamente quanto riportato e potere spiegare eventuali situazioni diverse.
Lo scopo principale è quindi quello di oggettivare i sintomi dichiarati anche se, talvolta, il diario minzionale assume un valore terapeutico (condizionamento vescicale) o di riferimento per potere monitorare nel tempo una terapia medica o una condizione patologica dal comportamento variabile.
A tale metodo di indagine, vengono sempre più spesso associati i questionari riguardanti la qualità di vita in generale (SF-36) e la sfera genito-urinaria (King’s Health Questionnaire, Urinary Distress Inventory, IPSS) per ottenere punteggi da correlare in termini di gravità ai quadri clinici descritti dal paziente.

Test bioumorali


Nello screening urologico entrano quindi a far parte alcune indagini laboratoristiche.
Va controllata la qualità del contenuto - l’urina - del basso apparato urinario, in particolar modo il sedimento urinario (esame urine per la presenza di ematuria, cristalluria, leucocituria, ecc) e la sterilità urinaria (urinocoltura), considerando che spesso alcune situazioni misconosciute (calcolosi urinaria, infezioni, neoplasie) possono manifestarsi unicamente con sintomi disfunzionali.
  • Marker prostatico (PSA): è un’indagine ematologica dibattuta per lo screening neoplastico della prostata, benché vi sia altre condizioni non infrequenti responsabili di falsi positivi (prostatite, voluminosa ipertrofia benigna).
  • Esami ematochimici di funzionalità renale (azotemia, creatininemia, ionemia): completano l’approccio laboratoristico per lo studio urologico in senso generale e per il primo livello di indagine del paziente.
  • Esame citologico urinario: è un test di screening da riservare tuttavia a condizioni sospette (ematuria) da riferire a neoplasie vescicali responsabili di dolore o altri LUTS (per esempio urgenza minzionale).

Diagnostica per immagini

La metodica ecografica è fondamentale nell’iter diagnostico di primo livello per l’analisi delle strutture costitutive l’apparato urinario e genitale.
  • Ecografia renale: si rende necessaria per identificare condizioni di retrostasi nelle alte vie escretrici, oltre che di patologie associate del parenchima renale, in particolar modo se riferite a situazioni di ritenzione urinaria o di disfunzione neurogena del basso apparato urinario.
  • Ecografia vescicale: nelle patologie disfunzionali, assume valore critico per la definizione del bilancio vescicale attraverso la valutazione calcolata del residuo post-minzionale, da correlare tuttavia in termini numerici allo stato di replezione dell’organo durante la fase preliminare, volta allo studio della parete vescicale (spessore, profili), della cavità (neoplasie, calcoli), del collo vescicale (competenza o beanza).
  • Ecografia prostatica sovrapubica: può essere un momento della precedente indagine, eseguita pertanto in un unico tempo, ma solitamente lo studio della ghiandola è affidato alla metodica transrettale, attraverso la quale vengono valutate la morfologia e la volumetria dell’organo, i profili e la simmetria, la definizione delle aree parenchimali per l’identificazione delle lesioni nodulari sospette o di condizioni particolari da correlare al quadro clinico (per esempio fibrolitiasi periuretrale per il dolore uretrale, lobo medio per ritenzioni urinarie intermittenti, iperafflusso vascolare all’indagine color-Doppler per gli stati cronici di congestione).
  • Ecografia scrotale e peniena: vengono mirate, su base specialistica, allo studio di specifiche lesioni descritte all’esame obiettivo dell’area genitale esterna.
    La diagnostica su base radiologica è tradizionalmente utilizzata per la definizione delle vie escretrici attraverso l’opacizzazione con mdc delle cavità virtuali che costituiscono l’apparato urinario.
  • Urografia: offre informazioni sullo stato funzionale dei reni e delle vie escretrici superiori (idroureteronefrosi).
  • Cistouretrografia: è mirata al basso apparato urinario e più direttamente si correla con lo studio della fase minzionale (apertura del collo vescicale, calibro della via urinaria infravescicale in tutti i segmenti, morfologia del profilo uretrale, presenza di stenosi, di reflusso vescico-ureterale e di residuo post-minzionale), benché la fase preliminare di riempimento per via retrograda consenta di definire bene la morfologia della vescica (profili, presenza di diverticoli, di reflusso vescico-ureterale, di lesioni neoplastiche o calcoli, competenza del collo vescicale, aspetto del bassofondo) e dell’uretra (stenosi, calcoli incuneati).
  • TAC addominale e/o pelvica, mieloTAC, TAC cerebrale, RMN (addomino-pelvica, del rachide, cerebrale o midollare): sono indagini di secondo livello e devono essere mirate allo studio delle condizioni neuropatiche o delle patologie complesse a carattere organico dell’apparato urinario o genitale maschile.
  • Scintigrafia renale: riservata ai casi che investono primariamente o come complicanza le alte vie escretrici a livello intrarenale e il rene stesso, sia pure con lo scopo di ottenere informazioni di carattere funzionale.
  • Endoscopia (uretroscopia, cistoscopia): definisce de visu lo stato morfologico del basso apparato urinario per la conferma diagnostica di stenosi uretrali organiche, di neoplasie vescicali, di lesioni sospette da sottoporre a biopsia o altre procedure chirurgiche di carattere specialistico.
    Si tratta comunque in genere di immagini statiche, fissate in fotografie o radiogrammi che devono essere interpretati e correlati con il momento funzionale (o disfunzionale) e pertanto spesso i reperti vanno rivisti e analizzati “fra le righe”, dal momento che il significato delle immagini è ascritto in primo luogo alla morfologia dell’apparato in esame e talvolta non sono disponibili valutazioni numeriche da riportare al quadro clinico (per esempio entità del residuo post-minzionale alla cistografia).

Diagnostica funzionale

La diagnostica funzionale è rappresentata dal complesso di indagini che costituiscono lo studio urodinamico.
  • Uroflussometria: viene correlata al pattern minzionale, al fine di identificare le condizioni di ostruzione al flusso. Essa fornisce parametri numerici (flusso massimo, flusso medio, tempo di flusso, tempo di minzione, ecc), ma offre la possibilità di analizzare la morfologia della curva di flusso in funzione del tempo di svuotamento, da cui estrapolare (approssimativamente) condizioni diverse da interpretare con ulteriori indagini più appropriate (per esempio la stenosi uretrale). Necessariamente il valore dell’indagine deve essere sempre rapportato all’entità del volume urinario vuotato comprendendo dei limiti di confidenza per dare significatività all’esame stesso (volume minimo e massimo accettabili) e all’entità dell’eventuale residuo post-minzionale presente al termine dell’indagine (misurato possibilmente con tecnica ecografica). Viene eseguita con semplici apparecchi dotati di un trasduttore di flusso per la registrazione, nell’unità di tempo, del volume urinario emesso.
  • Studio cistomanometrico: indagine più completa per l’analisi della funzione di riempimento, cui segue lo studio pressione/flusso (per la valutazione della funzione di svuotamento). Più convenzionalmente noto come studio urodinamico in senso lato, tale metodo comprende la registrazione pressoria di tutti gli eventi che occorrono all’interno del sistema costituito dal basso apparato urinario mediante transduttori di pressione (ad acqua, ad aria, a cristalli piezoelettrici), in funzione del tempo e del volume di riempimento (cistomanometria) e in funzione del tempo e del volume vuotato (studio pressione/flusso). Attualmente tale metodo prevede l’infusione di soluzione fisiologica in vescica attraverso un catetere provvisto di due vie - una per la registrazione pressoria e l’altra per il riempimento retrogrado - mentre un analogo catetere posto nell’ampolla rettale registra gli eventi pressori all’esterno del sistema vescico-uretrale. Dalla differenza dei valori pressori registrati all’interno e all’esterno della vescica viene calcolata la pressione differenziale da correlare alla pressione intrinseca a livello parietale vescicale (pressione detrusoriale). Inoltre il transduttore di flusso completa la dotazione per ciò che concerne lo studio della fase minzionale. Il metodo di indagine deve necessariamente essere dichiarato per ciò che concerne lo standard di indagine: posizione del paziente, calibro dei cateteri usati per la registrazione pressoria, velocità di infusione del mezzo mediante la pompa peristaltica, temperatura dello stesso, tipo di transduttore impiegato.
    La fase di riempimento fornisce informazioni sul sistema di serbatoio (sensibilità, regime tensivo, distensibilità parietale, stabilità del muscolo detrusore nell’accomodazione ai volumi di infusione progressivamente crescenti, capacità), ma la fase di svuotamento identifica con buona accuratezza le modalità minzionali del soggetto (comparsa del riflesso e della contrazione detrusoriali da correlare con il regime di flusso di svuotamento, morfologia delle curve pressoria e di flusso, manovre ausiliarie di ponzamento, entità del volume vuotato in funzione del tempo e degli eventi pressori, entità misurata del volume residuo al termine dello svuotamento) da cui registrare in termini numerici i parametri di riferimento che verranno analizzati per l’interpretazione della funzione vescicale.
È abitudine associare l’EMG kinesiologica del pavimento pelvico per ottenere, qualitativamente, informazioni sulla sinergia fra contrazione detrusoriale e rilassamento sfinterico, sia pure con approssimazione mediante elettrodi di superficie posti a livello perineale.
Attualmente sono in uso vari sistemi di post-elaborazione matematica per l’analisi biomeccanica della funzione detrusoriale e del flusso urinario da cui ricavare criteri di attribuzione secondo classi predefinite di ostruzione e parametri numerici di contrattilità, potenza, resistenza al flusso, lavoro vescicale, ecc.
L’indagine complessivamente è minimamente invasiva, ben tollerata, riproducibile e attendibile sotto il profilo funzionale. Spesso assume valore prognostico per ciò che concerne l’esito di un determinato trattamento (per esempio l’ipocontrattilità detrusoriale nel contesto di un quadro di ritenzione urinaria, in un soggetto con ipertrofia prostatica candidato a resezione endoscopica di prostata) e sicuramente migliora il grado di conoscenze e di interpretazione dei sintomi disfunzionali del basso apparato urinario.
  • Altri test urodinamici (es. la profilometria uretrale, il Valsalva Leak Point Pressure test): sono di uso più frequente nel sesso femminile e negli uomini sono riservati a casi particolari (incontinenza urinaria da sforzo maschile), ove peraltro non posseggono un provato valore diagnostico, ma sono puramente indicativi.
  • Tecnica video-urodinamica: completa indagine funzionale abbinando la valutazione morfologica del basso apparato urinario (usualmente con metodo radiologico) a quella manometrica funzionale (cistomanometria e studio pressione/flusso), comprensiva di EMG kinesiologica perineale, sfruttando in tal modo la possibilità di collocare le immagini accanto agli eventi pressori registrati durante il riempimento e durante la minzione e cogliere tutti gli aspetti particolari della minzione (cinetica del collo vescicale).
Attualmente con tale metodo è possibile registrare delle immagini significative oppure tramutare le sequenze delle immagini registrate in un filmato riepilogativo degli eventi minzionali o degli episodi di incontinenza urinaria durante la fase di riempimento effettuata con mezzo di contrasto iodato.
Trattandosi di un’indagine semi-oggettiva, è opportuno che lo studio urodinamico venga eseguito in maniera tale da potere annotare le impressioni del soggetto, le sue condizioni cliniche durante lo svolgimento dell’indagine, i commenti circa gli eventi verificatisi e i reperti dell’esame obiettivo specialistico.
L’elaborazione di un referto dovrà considerare tutti gli aspetti significativamente correlabili all’esito dello studio (metodo adottato di studio, effetto farmacologico di sostanze abitualmente assunte per altre patologie, riproduzione dei sintomi dichiarati, variazioni eventualmente apportate al metodo di studio e riferite al tipo di paziente, alle sue condizioni cliniche e alla patologia, altri test eseguiti per motivi o necessità particolari) allo scopo di definire lo stato fisiopatologico del sistema considerato, della condizione clinica e strumentale, al fine di esporre adeguatamente le conclusioni diagnostiche e di potere impostare successivamente un adeguato programma terapeutico.

Altri test


Altri test con valore diagnostico sotto il profilo funzionale riguardano, infine, la sfera neurologica periferica cui associare la disfunzione vescico-uretrale.
n Studio neurofisiopatologico del pavimento pelvico (potenziali evocati sacrali, EMG mirata allo sfintere anale esterno o allo sfintere striato uretrale, tempo di latenza motoria del nervo pudendo): assume valore diagnostico più esteso per ciò che concerne le disfunzioni perineo-pelviche in generale, nei casi in cui una lesione neurologica si renda responsabile di quadri clinici complessi, in quanto rappresentati da disfunzioni vescico-uretrali, ano-rettali e muscolari del diaframma pelvico.

Conclusioni


Nell’inquadramento delle patologie disfunzionali del basso apparato urinario maschile sono disponibili molti strumenti diagnostici per la definizione diagnostica del complesso di sintomi: il ricorso a tali indagini deve essere mirato alla spiegazione fisiopatologica del disturbo lamentato.
Spesso accade che l’analisi anamnestica, precisa e basata su alcuni dati oggettivi come quelli desunti dal diario minzionale o dall’esame fisico, sia sufficiente a definire il percorso clinico successivo, anche in termini terapeutici. A volte lo scrupolo di volere documentare una causa o un meccanismo con strumenti avanzati si scontra con la necessità di ragionare sui dati di fatto disponibili fin dalla prima visita.