M.D. numero 21, 13 giugno 2007

Focus on
Lo studio del Mmg è pubblico o privato?
di Monica Di Sisto e Anna Sgritto

Non si tratta di una domanda pleonastica a cui i vari accordi collettivi nazionali avrebbero da tempo dato una risposta esaustiva. Ma il quesito ritorna alla ribalta in tempi di incentivazione dell’associazionismo medico e dei presidi multifunzionali presenti sul territorio, come per esempio i Nuclei di Cure Primarie, in cui oltre al Mmg esercitano la loro attività altri medici. A confermare ciò è quanto sta accadendo in Emilia Romagna, dove l’assessorato alla sanità ha inviato un documento ai Nas e alla Asl di Bologna in base al quale si intima ai Mmg operanti in medicina di gruppo di rimuovere supposte irregolarità convenzionali nell’organizzazioni dell’attività degli studi in cui operano.

Si parla tanto di presidi “multifunzionali” per la medicina del territorio. Si parla di Utap, di Case della Salute, di luoghi nei quali i cittadini possano trovare dalla prima diagnostica al loro medico di famiglia, a una specialistica che possa risolvere il 70% dei malesseri quotidiani, a un punto d’accesso per servizi integrati di livello sociale. Ma, quando le cose acquistano concretezza, i percorsi non sono mai facili come potrebbero sembrare, anche per quei territori che pure scelgono di investirci su. Succede così che in Emilia Romagna il Servizio assistenza distrettuale, medicina generale e pianificazione dei servizi sanitari della Regione in data 23 aprile scriva ai direttori generali delle aziende Usl e alle organizzazioni sindacali dei Mmg, per precisare meglio alcuni requisiti che, ad avviso dell’amministrazione, dovrebbero avere gli studi dei medici di medicina generale. In particolare, si precisa, quelli nei quali Mmg o altri professionisti della salute svolgano attività libero professionale, e alcune “modalità organizzative dell’attività del Mmg”, a rigor di convenzione. Indicazioni trasmesse, contestualmente, anche ai NAS di Bologna, perché procedessero ai controlli del caso.
In forza dell’art. 36 dell’accordo collettivo nazionale, il servizio della Regione Emilia Romagna ricorda che il Mmg, al momento della firma della convenzione, mette il proprio studio a disposizione dei cittadini che lo scelgono. Da ciò fa conseguire che lo studio del Mmg, in quanto destinato allo svolgimento di pubblico servizio, “assume la natura di Presidio del Servizio Sanitario Nazionale”, e per questo deve rispettare le disposizioni della Convenzione, tra le quali un’apertura oraria proporzionale al numero delle scelte del Mmg. A questo punto cita i commi 3 e 4 dello stesso articolo 36, specificando che, nel caso in cui lo studio sia collocato in un contesto in cui si svolgano anche altre attività da parte di soggetti diversi dal Mmg, essi debbano risultare fisicamente separati e godere di una propria autonomia organizzativa.

Le medicine di gruppo non fanno eccezione


Diversamente, secondo la lettura della norma fatta dalla Regione Emilia Romagna, “in caso di contemporanea o promiscua presenza di Mmg e medici specialisti”, siccome in quella struttura si svolgerebbero anche attività specialistiche, e in caso ancor più ‘grave’ di accesso simultaneo, lo studio perderebbe in un sol colpo la caratteristica di presidio del Servizio sanitario nazionale, e dunque di studio convenzionato. Sarebbe, infatti, un “poliambulatorio”, soggetto alla richiesta di un’ulteriore autorizzazione.
A rigor di logica, tutto avrebbe fatto supporre che, rispetto alle rigide disposizioni ricordate dalla Regione Emilia Romagna, le forme associative della medicina generale potessero rappresentare un’eccezione. Ma nella lettera si precisa che questi principi hanno carattere generale e che dunque riguardano anche l’organizzazione dell’attività di medicina generale in forma associata.
Nell’ambito di queste forme di collaborazione è possibile che, in base a progetti specifici definiti con la Azienda Usl competente, si concordi con i medici del gruppo la presenza programmata di specialisti Usl, ambulatori o ospedalieri, per forme di assistenza integrata o a realizzare interventi multidisciplinari per determinate patologie e casi complessi. Ma anche in questo caso, sottolinea il decisore pubblico, si deve ribadire l’esigenza che il cittadino possa facilmente individuare e percepire la tipologia di struttura che eroga prestazioni assistenziali, con evidenza degli elementi distintivi che caratterizzano i servizi erogati dai presidi del Ssn. A tale fine si richiama l’importanza che nei Nuclei di Cure Primarie, ove sia possibile individuare locali per le attività centralizzate, le sedi siano fisicamente definite e riconoscibili dai cittadini come articolazioni del servizio pubblico.

Le precisazioni della Fimmg


La lettera, in base alla quale la Regione ha intimato ad alcuni medici di medicina generale operanti in medicina di gruppo di rimuovere supposte irregolarità e promiscuità, ha spinto il segretario regionale Fimmg Mario Stella a rispondere dettagliatamente agli addebiti il 3 maggio scorso. Il segretario Fimmg precisa nella replica che l’art. 36 dell’accordo collettivo nazionale in tema di ‘Requisiti e apertura degli studi medici’ al comma 1 dispone che lo studio del medico di medicina generale, anche se è destinato allo svolgimento di un pubblico servizio, è uno studio professionale privato che deve possedere determinati requisiti elencati nei commi successivi dal 2 al 10. Ma tra le caratteristiche, Stella ricorda che al comma 4 si legge che “Se lo studio è ubicato presso strutture adibite ad altre non mediche o sanitarie soggette ad autorizzazione, lo stesso deve avere un ingresso indipendente e deve essere eliminata ogni comunicazione tra le due strutture”.
Tuttavia, se nel documento regionale si afferma, che “in caso di contemporanea o promiscua presenza di medici di medicina generale e di medici specialisti, l’esercizio nel medesimo contesto organizzativo di attività specialistiche fa ricadere la struttura fra quelle poliambulatoriali e, di conseguenza, determina la necessità di autorizzazione all’esercizio”, quella posizione, secondo la Fimmg, “non è suffragata da alcun riferimento normativo da parte dell’estensore e appare pertanto una presa di posizione unilaterale, fuorviante, non giustificata e potenzialmente destabilizzante sul piano organizzativo e assistenziale”.

Nessun riferimento nella normativa locale


In tutte le normative regionali di riferimento derivanti dalle attribuzioni della legge 833/78, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, e perfino in quella della Regione Emilia Romagna (D.G.R. n. 327 del 23 febbraio 2004), la Fimmg rileva che non viene fatta alcuna differenza fra studio del medico di medicina generale e studio specialistico, ed entrambi sono espressamente esentati da autorizzazione, salvo fattispecie di particolare complessità erogativa o pericolosità delle procedure diagnostico terapeutiche utilizzate (comma 1.5 1). “Il caso per il quale è stato espresso parere dall’Ufficio dell’assessorato alla sanità - sottolinea Stella - non ricade in alcun modo nelle ipotesi di cui sopra”. Venuto meno, in forza del riferimento normativo, qualsiasi obbligo di autorizzazione per attività professionale svolta in polistudi, che comprendano o meno attività specialistica cade ipso facto il riferimento all’obbligo previsto all’art. 36 punto 4 dell’ACN in vigore. “Niente innova rispetto a quanto detto al punto precedente - aggiunge Stella - il fatto che lo studio del medico di assistenza primaria sia considerato presidio del Servizio sanitario nazionale, in quanto lo stesso a norma del citato art. 36 punto 1 “(…) ancorché destinato allo svolgimento di un pubblico servizio, è uno studio professionale privato (…)”.
Con tutte queste motivazioni la segreteria Fimmg ha diffidato le direzioni aziendali dal procedere a eventuali contestazioni nei confronti dei medici e dal pretendere la rimozione di situazioni di supposta violazione con riferimento alle tematiche di cui alla presente. Nello stesso tempo si dà mandato ai segretari provinciali della Fimmg di vigilare e intervenire a tutti livelli a sostegno e tutela dei medici eventualmente coinvolti sulla base delle citate interpretazioni applicative dell’Ufficio regionale responsabile, in quanto destituite di ogni fondamento logico, giuridico e regolamentare, ivi compresa, naturalmente la norma convenzionale.

Epilogo


Il 16 maggio scorso si è riunito presso l’Assessorato alle Politiche per la Salute della Regione Emilia-Romagna il Comitato Regionale per la medicina generale che ha affrontato, tra l’altro, proprio il tema dei “Polistudi”. La parte pubblica, nel confronto con le organizzazioni sindacali, è tornata a sottolineare il fatto che lo studio del Mmg, anche se privato e non soggetto ad autorizzazione, è definito dall’Accordo nazionale “presidio del Servizio sanitario nazionale”. Ma la cosa più sorprendente e che l’esercizio della professione come medico di medicina generale, sia all’interno di una medicina di gruppo, sia in forma non associata, non è stato considerato assimilabile all’esercizio privato della professione, essendo quest’ultima del tutto estranea ai rapporti prefigurati di consulenza e relazione tra professionisti del Servizio sanitario nazionale che nei loro aspetti più formalizzati assumono le caratteristiche di “percorsi”. Con buona pace del Mmg libero professionista che pure, almeno sulla carta e a parole, tutti i decisori politici nazionali si affannano a voler salvaguardare.
Per quanto riguarda il fatto di non aver fornito alcuna ‘pezza’ legale o giurisprudenziale a sostegno della necessità di autorizzazione dei “Polistudi”, la parte pubblica si è difesa facendo notare come l’Ufficio regionale non sia investito della competenza di fornire interpretazioni della normativa vigente, ma di ribadire gli orientamenti regionali che sono alla base delle disposizioni legislative prodotte dalla Regione negli anni e dalle interpretazioni formalizzate delle stesse norme. Pertanto, nella nota inviata alle Aziende USL, hanno sottolineato i responsabili degli organi amministrativi, sono riproposte le precisazioni già espresse sull’argomento. Argomentazioni e orientamenti politici, dunque, non tecnici né, tantomeno, validi e confrontabili a livello nazionale.
L’epilogo, senz’altro transitorio, della vicenda è paradossale almeno quanto le premesse, a nostro avviso. Il Comitato infatti, preso atto delle difficoltà e difformità interpretative, ha valutato necessario e urgente un approfondimento su tutta la materia e le normative inerenti, anche con il coinvolgimento dell’Ordine del Medici, al fine di pervenire ad una interpretazione condivisa che consenta di formulare indirizzi per un’applicazione uniforme delle disposizioni normative. Come nella migliore tradizione italiana, si è affidato a un gruppo di lavoro l’analisi e l’approfondimento della tematica, e nel frattempo, a scontro avvenuto, si è invitato “l’arbitro”, custode della deontologia, a illuminare la giurisprudenza. Ma la legge non sarebbe già, di per sé, uguale per tutti?

ACN 2005: art. 36 - Requisiti e apertura degli studi medici
1. Lo studio del medico di assistenza primaria è considerato presidio del Ssn e concorre, quale bene strumentale e professionale
del medico, al perseguimento degli obiettivi di salute del servizio medesimo nei confronti del cittadino, mediante attività assistenziali convenzionate e non convenzionate retribuite. Ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale di assistenza primaria, oltre che ai fini della corresponsione del concorso alle spese per l’erogazione delle prestazioni del servizio cui all’art. 59, ciascun medico deve avere la disponibilità di almeno uno studio professionale nel quale esercitare l’attività convenzionata. Lo studio del Mmg, ancorché destinato allo svolgimento di un pubblico servizio, è uno studio professionale privato che deve possedere i requisiti previsti dai commi che seguono.
2. Lo studio del medico convenzionato deve essere dotato degli arredi e delle attrezzature indispensabili per l’esercizio della medicina generale, di sala d’attesa adeguatamente arredata, di servizi igienici, di illuminazione e aerazione idonea, ivi compresi idonei strumenti di ricezione delle chiamate.
3. Detti ambienti possono essere adibiti o esclusivamente ad uso di studio medico con destinazione specifica o anche essere inseriti in un appartamento di civile abitazione, con locali appositamente dedicati.
4. Se lo studio è ubicato presso strutture adibite ad altre attività non mediche o sanitarie soggette ad autorizzazione, lo stesso deve avere un ingresso indipendente e deve essere eliminata ogni comunicazione tra le due strutture.
5. Lo studio professionale del medico iscritto nell’elenco, salvo quanto previsto in materia di orario di continuità assistenziale, deve essere aperto agli aventi diritto per 5 giorni alla settimana, preferibilmente dal lunedì al venerdì, con previsione di apertura per almeno due fasce pomeridiane o mattutine alla settimana e comunque con apertura il lunedì, secondo un orario congruo e comunque non inferiore a: 5 ore settimanali fino a 500 assistiti; 10 ore settimanali da 500 a 1.000 assistiti; 15 ore settimanali da 1.000 e 1.500 assistiti.
L’orario di studio è definito dal medico anche in relazione alle necessità degli assistiti iscritti nel suo elenco e alla esigenza di assicurare una prestazione medica corretta ed efficace e comunque in maniera tale che sia assicurato il migliore funzionamento dell’assistenza. In relazione a particolari esigenze assistenziali l’Azienda può richiedere, previo parere del Comitato aziendale, di cui all’art. 23, la revisione dell’orario.
I medici che aderiscono a forme associative della medicina generale sono tenuti a garantire l’apertura dello studio secondo le determinazioni previste e definite in sede di contrattazione regionale per le singole tipologie di associazione.
6. L’Azienda ha il compito di verificare l’applicazione del disposto di cui al precedente comma 5.
7. L’orario con il nominativo del medico, da comunicare alla Azienda, deve essere esposto all’ingresso dello studio medico; eventuali variazioni devono essere comunicate alla Azienda entro 30 giorni dalla avvenuta variazione.
8. Le visite nello studio medico, salvi i casi di urgenza, sono di norma erogate attraverso un sistema di prenotazione.
9. Le modalità di contattabilità del medico al di fuori delle fasce orarie di apertura dello studio sono disciplinate nell’ambito degli accordi regionali.
10. Nell’ambito degli accordi regionali possono essere previste le modalità di erogazione di prestazioni medico specialistiche in regime di accreditamento con contratto tra medici di cure primarie, operanti in forma associata, Asl e aziende erogatrici pubbliche e/o private accreditate del medesimo ambito territoriale. La sperimentazione è finalizzata alla integrazione dei vari attori responsabili del governo clinico del soggetto. Lo strumento primario di integrazione riguarda la definizione e l’utilizzo di linee guida diagnostico terapeutiche condivise. Gli accordi specifici devono far riferimento ai requisiti autorizzativi e di accreditamento, necessari al funzionamento delle unità di offerta sperimentali, e derivanti dalla normativa nazionale e regionale in tema di autorizzazione ed accreditamento.