M.D. numero 21, 13 giugno 2007

Prospettive
Prostatectomia radicale robot-assistita
di Domenico Massari, Vittorio Fulcoli, Lucio Laurini e Dino Lavelli - U.O. Urologia Ulss 15, Ospedale di Camposampiero (PD)

L’evoluzione del trattamento laparoscopico del tumore prostatico potrebbe essere rappresentata dalla chirurgia robotica. Per i pazienti si traduce in migliori risultati in termini di ripresa della continenza urinaria e funzionalità sessuale

Attualmente, oltre all’intervento di prostatectomia radicaleno a cielo aperto - da molti anni considerato il gold standard del trattamento chirurgico del carcinoma prostatico clinicamente localizzato - è disponibile anche l’approccio laparoscopico, che costituisce la principale alternativa alla chirurgia tradizionale.
La chirurgia laparoscopica ha apportato grandi vantaggi per i pazienti in termini di riduzione del trauma chirurgico, una migliore conservazione delle difese immunitarie, minore degenza ospedaliera, migliore risultato estetico, più rapida ripresa della vita di tutti i giorni. Inoltre, grazie alla presenza di una micro-telecamera, ottimizzando e magnificando la visione, consente una dissezione più precisa dell’apice prostatico e il successivo confezionamento di un’anastomosi vescico-uretrale più accurata, con ottime percentuali di preservazione della continenza urinaria, oltre alla migliore visualizzazione e al possibile risparmio dei nervi erigendi, presupposto essenziale per una migliore ripresa dell’attività sessuale.
Tuttavia, anche un chirurgo esperto trova un’inevitabile difficoltà sia ad adattarsi a una visione magnificata, ma bidimensionale, sia ad utilizzare strumenti con un ridotto grado di libertà di movimento e che trasmettono una scarsa sensazione tattile.
Questi inconvenienti tecnici comportano una notevole difficoltà di apprendimento della metodica, soprattutto nella fase di ricostruzione vescico-uretrale.

Evoluzione della tecnica: la robotica assistita


La laparoscopia robot-assistita è l’evoluzione più moderna della tecnica. Tra i primi centri in Italia e primo centro nel Veneto, il reparto di Urologia dell’Ospedale di Camposampiero (PD) è fornito del robot “Da Vinci” e si effettua la prostatectomia radicale robot-assistita da circa tre anni con promettenti risultati sia dal punto di vista oncologico sia funzionale.
Il robot si compone di una postazione di comando e di quattro bracci meccanici operativi, comandati dal chirurgo, che eseguono l’intervento.
Il robot “Da Vinci” attualmente in uso è composto da quattro braccia robotiche articolabili, una per il controllo dell’ottica binoculare e tre per il controllo degli strumenti operatori. Gli strumenti operatori, connessi alle braccia robotiche, consentono di realizzare movimenti con sette gradi di libertà. Le dita del chirurgo trasmettono il movimento alle braccia del robot e alla punta degli strumenti operatori attraverso due apposite manopole di comando alloggiate nella consolle.
Il robot è in grado di eliminare quei piccoli movimenti o tremori, che compaiono anche come un effetto del prolungato utilizzo degli strumenti durante un intervento, facilitando una dissezione precisa delle strutture e l’apposizione altrettanto minuziosa delle suture.
Le porte di accesso sull’addome del paziente possono essere 5 o 6, una da 12 mm al livello dell’ombelico per l’introduzione dell’ottica binoculare, due o tre da 8 mm per l’introduzione degli strumenti connessi alle due braccia robotiche, due addizionali impiegate dall’aiuto per l’utilizzo di vari strumenti laparoscopici (quali l’aspiratore, le pinze atraumatiche, le forbici, l’applicatore di clips vascolari) nelle varie fasi dell’intervento.
Durante la fase demolitiva, la dissezione dell’organo può essere realizzata con tecnica discendente o anterograda (dalla giunzione vescico-prostatica all’apice) o ascendente o retrograda (dall’apice alla giunzione vescico-prostatica) con accesso all’organo per via transperitoneale o extraperitoneale (quest’ultimo accesso viene normalmente impiegato nella chirurgia a cielo aperto, che consente di minimizzare i rischi di lesione agli organi intraperitoneali).
I vantaggi della chirurgia robotica, oltre a quelli della laparoscopia tradizionale, sono molteplici: il chirurgo opera comodamente seduto, con un’immagine tridimensionale del campo operatorio; i bracci del robot traducono in realtà quello che il chirurgo ha sempre sperato che accadesse: portare la mano all’interno dell’addome senza aprirlo.
Il robot riproduce all’interno dell’addome esattamente gli stessi movimenti che compirebbe la mano del chirurgo: gli stessi sono pesati, filtrati e tradotti in modo fluido e senza scatti, con conseguente facilitazione nella realizzazione dell’intervento. Per il paziente ciò potrebbe tradursi in migliori risultati in termini di ripresa della continenza urinaria e della funzionalità sessuale.
I tempi operatori sono pari a circa 180 minuti, la successiva degenza ospedaliera post-operatoria è di circa quattro giorni, il tempo medio di permanenza del catetere vescicale è potenzialmente minimizzabile rispetto alla chirurgia a cielo aperto.