M.D. numero 21, 13 giugno 2007

Rassegna
Gestione globale del paziente obeso
di Roberto Ostuzzi, Presidente ANSISA (Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dellšAlimentazione), Medico psicoterapeuta, specialista in Scienza dellšAlimentazione Responsabile Centro Disturbi Alimentari, Casa di Cura Villa Margherita, Arcugnano (VI)

Per affrontare al meglio l’eccesso di peso serve una maggiore consapevolezza del problema, da parte del medico e del paziente, che insieme devono cooperare per stabilire gli obiettivi. E in un secondo tempo valutare quali sono le modalità ottimali per raggiungerli


N
el duplice ruolo di condizione clinica e di fattore in grado di favorire l’insorgere di importanti morbilità, l’obesità costituisce un problema di rilevanza sanitaria sempre più evidente in tutto il mondo.
In Europa il primato della prevalenza più elevata di obesi nella popolazione appartiene al Regno Unito, con una percentuale pari al 22%. È da rilevare che questa percentuale si mantiene sia per gli adulti sia per i bambini, mentre in Italia la situazione è più scoraggiante nei confronti dell’età infantile, con una prevalenza di soprappeso/obesità che raggiunge il 36%.
Uno degli aspetti critici dell’obesità è quello relativo alla distribuzione del grasso corporeo. Molti studi hanno infatti dimostrato che l’accumulo di grasso, specie se localizzato a livello viscero-addominale, si associa a particolari condizioni metaboliche quali insulino-resistenza, ipertensione arteriosa, iperlipidemia, diabete mellito, cardiopatia ischemica. Complessivamente questi fattori caratterizzano la sindrome metabolica, una condizione che moltiplica il rischio cardiovascolare in modo rilevante.
Accanto alla dimensione prettamente clinica, l’obesità è anche una problematica di tipo politico e sociale: oltre che essere una condizione molto stigmatizzata, l’eccesso ponderale viene visto come una colpa che molto spesso non si ritiene meritevole di cure appropriate (in alcuni paesi per esempio il paziente obeso subisce discriminazioni nel momento dell’accesso a cure). Sovente molte risorse vengono dedicate alla cura e alla gestione dei problemi medici associati, senza invece considerare che è proprio l’eccesso ponderale il primo fattore di rischio se non addirittura il momento determinante delle comorbilità. In altre parole, molto spesso l’obesità rimane un problema che non viene affrontato e del quale i medici e pazienti non sempre riconoscono la reale portata e importanza.
L’esame delle possibili cause che determinano l’incremento ponderale identifica diverse ipotesi. Se secondo alcuni si tratta del risultato della mancanza di disciplina, secondo altri l’obesità è una patologia determinata dal controllo fisiologico del grasso corporeo, per cui variazioni di peso sollecitano una potente contro-risposta che si oppone a tale cambiamento. Altre ipotesi suggeriscono una difficoltà nella gestione delle emozioni o affidano la responsabilità a fattori genetici.
Probabilmente si tratta di un insieme di vari fattori che agiscono interagendo e influenzandosi a vicenda (figura 1) e dove i fattori ambientali hanno sicuramente un ruolo molto importante.

Scegliere obiettivi realistici


Le difficoltà insite nel trattamento dell’obesità sono notevoli. Inoltre, per quanto sia necessario, il trattamento spesso non porta alla soluzione del problema: il 90-95% dei pazienti non riesce a ottenere e mantenere un calo di peso significativo a lungo termine e dopo 5 anni, la quasi totalità ha recuperato il peso iniziale. Di fronte a questa scoraggiante percentuale di insuccessi è importante che il medico cerchi di individuare e comprendere, insieme con il suo paziente, quali possono essere state le cause dell’insuccesso in modo da cercare altre vie per il raggiungimento dell’obiettivo.
L’approccio al problema dell’obesità è dunque complesso e articolato e sono molti gli ostacoli che si possono incontrare in quanto l’eccesso di peso è un problema cronico, la dieta può rivelarsi uno strumento inefficace ed esiste una grande disponibilità di cibi assai appetibili; inoltre, spesso manca un adeguato supporto socio-familiare mentre l’atteggiamento di alcuni medici è orientato a modalità giudicanti.
Nella gestione del paziente obeso è fondamentale che siano chiariti alcuni importanti obiettivi terapeutici realistici. Per esempio è importante migliorare la consapevolezza del problema e la motivazione alla cura ed è altrettanto fondamentale ridurre in modo accettabile il peso corporeo e stabilizzarlo. Si devono ricercare possibili cambiamenti dello stile di vita: in questo senso si deve cercare di trovare uno stile alimentare più semplice e salutare (meno condimenti, meno piatti elaborati, insegnare a fare la spesa, gestione della cucina). Imprescindibile poi la necessità di incoraggiare uno stile di vita più attivo non solo e non tanto con il fitness sportivo, ma con più attività fisica nelle normali occupazioni (camminare in particolare). Il paziente deve essere incoraggiato ad affrontare il disturbo dell’immagine corporea, come pure ad affrontare la disistima, la paura del giudizio sociale e il senso di inefficacia. Altri aspetti sui quali è bene concentrarsi sono gli interventi per migliorare il tono dell’umore e sviluppare un equilibrio emotivo accettabile, per migliorare le capacità relazionali e quelle di affrontare i pregiudizi sociali e infine sviluppare le abilità assertive (tabella 1).

Dieta e farmaci: come e quando associarli


Se in una prima fase l’intervento educativo e comportamentale è di fondamentale importanza, l’inserimento di una trattamento farmacologico può avere un preciso razionale in alcune particolari situazioni.
Una situazione in cui il farmaco può essere utile è certamente quella legata al momento di “stallo”. Per esempio quando dopo un insufficiente calo di peso iniziale, il paziente non riesce a proseguire nella cura e, nonostante sia motivato, nutre una certa sfiducia nel programma che sta seguendo. Oppure quando il paziente non è in grado, pur dichiarandosi motivato, di mantenere costantemente il controllo, o nel caso compaia una depressione del tono dell’umore. Fornire un aiuto farmacologico in questi momenti è sicuramente un notevole contributo per il paziente e può aiutarlo a trovare motivazione nella cura che sta attuando.
La decisione di prescrivere una terapia farmacologica dovrebbe sempre accompagnarsi alla scelta di una precisa strategia di cui il paziente deve essere informato (tabella 2). Il farmaco può essere prescritto in modo continuativo, a fasi alterne o anche con altre modalità. Uno dei presidi farmacologici utilizzati è rappresentato da orlistat, il cui meccanismo d’azione è legato al mancato assorbimento dei grassi della dieta. I suoi effetti collaterali sono modesti e non pericolosi sul piano clinico e legati alla quantità di grassi presenti nella dieta: se è elevata le conseguenze sono rappresentate da una importante e spesso fastidiosa steatorrea (è bene avvertire il paziente obeso che l’eccesso di grassi nella sua dieta comporterà questa conseguenza), che tuttavia può rappresentare un segnale in grado di aumentare la consapevolezza del paziente circa gli errori alimentari, incoraggiandolo a evitarli.
Per la cura dell’obesità è necessario modificare la visione del problema, sostituendo un atteggiamento prescrittivo (improntato a rigide direttive, che vuole “far fare”) con un atteggiamento riabilitativo ispirato alla comprensione delle cause, alla condivisione degli obiettivi, alla creazione di alleanze e alla capacità di far apprendere. Sarà così più facile raggiungere il gold standard del trattamento, vale a dire la riduzione del 10% del peso e il mantenimento del risultato a 5 anni.