M.D. numero 22, 20 giugno 2007

Focus on
Farmaci: si ricomincia dal tetto
di Monica Di Sisto

Otto pagine di riforma del settore farmaceutico dopo un’attività di oltre due mesi che ha visto al lavoro intorno al tavolo interministeriale oltre ai ministeri della Salute, dell’Economia e dello Sviluppo, Aifa e Regioni e i principali protagonisti del settore. A tale progetto fa da corollario un grosso bubbone politico: quello causato da un emendamento al decreto Bersani, votato nei giorni scorsi alla Camera, che estenderebbe la possibilità di vendita dei farmaci con obbligo di ricetta, ma a carico del cittadino (fascia C), a esercizi diversi dalle farmacie.

La farmaceutica rappresenta l’ennesimo banco di prova per l’esecutivo del nostro Paese, ma soprattutto una spinta ai prodotti innovativi e il mantenimento dell’equilibrio di spesa attraverso un nuovo tetto, attualmente doppio e fissato al 13% per la spesa convenzionata e al 3% per l’ospedaliera.
All’orizzonte della farmaceutica i cambiamenti, anche se appena annunciati, sembrano sostanziosi. Con il prossimo Documento di programmazione economico finanziaria (Dpef) dovrebbe essere, infatti, rimodulato un nuovo tetto per la spesa pubblica.
Due le alternative possibili, secondo il documento fatto “uscire” per primi dal ‘Palazzo’ dai giornalisti dell’Adn Kronos: un tetto unico, nel quale fare confluire la spesa farmaceutica convenzionata al lordo dei ticket e della distribuzione diretta. In questo caso spetterebbe all’Aifa monitorare gli eventuali sfondamenti in corso d’anno con cadenza trimestrale, e recuperare gli eventuali sforamenti accollandone il 100% ripartito tra aziende, grossisti, farmacie, mentre le Regioni dovrebbero garantire un ulteriore 50%.
Il tavolo propone, altrimenti, di mantenere i tetti, ma di rideterminarli, apportando il primo “alla somma di spesa farmaceutica convenzionata al lordo di ticket e distribuzione diretta” e il secondo “sulla spesa ospedaliera al netto della distribuzione diretta”. In questo caso le percentuali di ripiano a carico rispettivamente del settore privato e delle Regioni con riferimento al primo e al secondo tetto sarebbero differenziate: rispetto al primo tetto, “l’eventuale sforamento sarebbe recuperato in misura prevalente a carico del settore privato e in misura più contenuta per le Regioni”. Al contrario dello sforamento del secondo tetto, più pesante per le Regioni e meno per le industrie del farmaco.

Quanto costeranno i farmaci?


Altra vicenda non da poco cui il documento mette mano è il prezzo dei farmaci. La volontà evidente è di intervenire sul prezzo delle molecole più innovative, di fatto però inferiore a quello in vigore nei principali paesi europei, al contrario dei prezzi dei medicinali cosiddetti ‘maturi’, superiori in Italia rispetto agli altri paesi europei. Il tavolo propone innanzitutto il mantenimento del prezzo di riferimento (rimborso al prezzo più basso) sui soli prodotti a brevetto scaduto. Nonché optare per “l’ampliamento del periodo di tempo ante scadenza del brevetto per la sperimentazione dei farmaci generici equivalenti, in modo che questi siano disponibili sul mercato all’indomani della scadenza del brevetto del medicinale griffato.
Per ogni impresa sono poi definiti, per i prodotti maturi e per quelli innovativi, volumi e prezzi sulla base di una doppia contrattazione con l’Aifa. Il confronto con l’Agenzia Italiana del Farmaco dovrebbe essere triennale, ma inizialmente si partirà con il biennio 2008-2009. E sui prodotti innovativi la contrattazione deve essere tale da consentirne “un rapido avvicinamento al rispettivo prezzo medio europeo”. Non mancano, poi, gli incentivi all’innovazione. Tra le proposte, “l’implementazione rapida degli accordi di programma per i quali è previsto un premio di prezzo o altre misure equivalenti, per un ammontare fino al 10% della spesa di investimento sostenuta dall’impresa”. Ma anche la “promozione di accordi di programma tra Regioni e imprese per l’utilizzo concordato delle strutture del Ssn da parte delle imprese a fini di attività di ricerca di fase I e II”.
Quanto al regime fiscale previsto per le aziende del farmaco, il tavolo non esclude di rafforzare l’incentivo che, nell’ultima Finanziaria, ha previsto un credito d’imposta, per il periodo 2007-2009, nella misura del 10% dei costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo fino a un massimo di spese pari a 15 milioni di euro per anno. Sul fronte della distribuzione, infine, si propone una revisione al ribasso dei margini.

Chi ha paura del supermercato?


A rendere ancora più complesso il panorama della farmaceutica è stata anche la notizia della vendita dei farmaci di fascia C nei supermercati. Arrivata un po’ come un fulmine a ciel sereno sulle categorie l’approvazione in assemblea alla Camera di un emendamento di Sergio D’Elia (della Rosa nel Pugno), con 247 voti a favore, 201 contro e 5 astenuti. Con questa iniziativa, dopo aver conquistato un anno fa la possibilità di vendere i farmaci da banco, supermercati e parafarmacie potrebbero vendere anche i farmaci etici con obbligo di ricetta, quelli di classe C non rimborsati dal servizio pubblico, basta che nel reparto ci sia un farmacista.
Alle oltre 18mila farmacie, se l’innovazione dovesse essere confermata con la ratifica della misura anche nel passaggio al Senato, rimarrà l’esclusiva solo dei farmaci rimborsati dal Ssn. E per i supermercati si aprirebbe un filone molto interessante visto che il mercato totale dei farmaci da banco, liberalizzato in precedenza da Bersani, è stato nel 2006 di 2,09 miliardi, ma quello dei prodotti di classe C ha raggiunto i 3.080 miliardi. Potenzialmente, dunque, il mercato extra farmacia andrebbe a superare i 5 miliardi di euro.

Parlamento contro tutti


“Non posso che esprimere il mio dissenso nei confronti dell’emendamento bis, presentato da deputati della maggioranza e approvato ieri dalla Camera dei Deputati”.
Il messaggio del ministro Livia Turco all’indomani del voto è chiaro quanto lapidario: far uscire dalla farmacia la vendita di questi medicinali “vuol dire non comprendere il sistema di garanzie che è oggi assicurato da tali esercizi - spiega il ministro - un sistema che non è caratterizzato dalla sola presenza di un farmacista, ma da un fitto, collaudato e continuo scambio di informazioni fra i professionisti che operano in farmacia, le autorità nazionali preposte all’autorizzazione e alla sorveglianza dei farmaci e le autorità sanitarie regionali e locali preposte alla sorveglianza degli esercizi medesimi”. È per questo che il ministro della salute annuncia di volersi impegnare “perché il Senato elimini questa norma sbagliata e frettolosamente approvata”.
Anche le reazioni delle categorie sono state immediate, vivaci, corali. “È indegno di un paese civile e democratico che, proprio mentre sono aperti più tavoli di confronto tra governo e operatori del settore sulla spesa farmaceutica, sull’assetto del servizio farmaceutico e sul ruolo delle farmacie, con un colpo di mano della maggioranza alla camera sia approvato un emendamento che, se confermato dal Senato, demolirebbe il servizio farmaceutico”, lamenta il direttivo di Federfarma che si è dimesso in blocco per protesta. Al (prevedibile) plauso di Vincenzo Devito, presidente dei “Liberi farmacisti”, che definisce la misura un “giusto intervento”, anzi, “solo una delle tappe intermedie per garantire un vero e libero esercizio professionale”, si contrappone, però, la voce della FNOMCeO che, per bocca del suo presidente, Amedeo Bianco, esprime “grande preoccupazione” per l’emendamento approvato dalla Camera.
“La farmacia - ha dichiarato Bianco nell’ultima riunione del Comitato centrale - oltre a garantire la capillare disponibilità dei farmaci, può infatti svolgere ruoli fondamentali di consulenza e di informazione per i medici del territorio, di farmacovigilanza, di distribuzione di presidi e ausili, di supporto alla domiciliarità e all’assistenza integrata”.
Riguardo, però, alle recenti proposte di trasformare le farmacie in presidi polifunzionali del Ssn, autorizzati a erogare prestazioni sanitarie di primo livello, Bianco ha ribadito che “trasformare il farmacista in un medico improvvisato o in un venditore di prestazioni sanitarie metterebbe a rischio la sicurezza dei cittadini”.