M.D. numero 23, 27 giugno 2007

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Neuropatie periferiche da chemioterapia

Una consensus conference tra esperti neurologi e oncologi ha analizzato il problema della neurotossicità dei trattamenti antineoplastici, con il principale obiettivo di mettere a punto degli strumenti di quantificazione clinica del danno nervoso

Ogni anno in Italia più di 6.500 persone vengo sottoposte a trattamento chemioterapico antitumorale. Molte di queste persone vanno purtroppo incontro ad effetti collaterali spesso molto importanti e severi: uno su tre, per esempio, è colpito da neuropatie periferiche di varia gravità che comportano dolore, perdita di sensibilità e perdita o alterazione della mobilità o manualità. Il problema riguarda diverse classi di chemioterapici utilizzati per il trattamento dei tumori dell’ovaio e del testicolo, del polmone, della mammella, del colon e del mieloma multiplo. Può essere citato come esempio il caso di un farmaco molto recente e molto efficace, il bortezomib, utilizzato come trattamento di prima linea nei mielomi, che induce il 20% dei pazienti trattati ad interrompere il trattamento per comparsa di una neuropatia.
Il problema per la classe medica non è tanto quello di riconoscere e diagnosticare questo effetto collaterale, quanto piuttosto di quantificarlo in maniera uniforme tra tutte le figure coinvolte nel percorso di cura (oncologo, medico di famiglia, neurologo), anche al fine di adottare appropriati interventi che oggi non vedono ancora farmaci capaci di prevenire e trattare la neuropatia in modo risolutivo, ma che è oggetto di un’intensa attività di ricerca. Ad esempio, per quanto riguarda la prevenzione, un recente studio ha dimostrato che lo xaliprodene (una molecola analoga al fattore di crescita nervoso, NGF) è in grado di ridurre di circa il 40% il rischio di neuropatia sensitiva severa in pazienti che ricevono regimi di chemioterapia a base di oxaliplatino. Invece, sul versante del trattamento, cioè quando la neuropatia si è già instaurata, studi clinici hanno dimostrato che la acetil-l-carnitina riduce la severità dei sintomi sia sensitivi che motori in circa il 60% dei pazienti.
Al momento il vero problema nella valutazione di questi pazienti consiste nel raggiungere una uniformità di valutazione, sia relativamente alla qualità che alla gravità della neuropatia periferica, attraverso strumenti che siano accettati e condivisi ovunque nel mondo. Strumenti che al momento non esistono. E proprio per trovare un accordo sui criteri e sulle procedure necessarie alla diagnosi corretta e alla quantificazione della severità della neuropatia periferica post-chemioterapia antitumorale si sono riuniti a Pomezia (Roma), presso il centro congressi Sigma Tau, neurologi e oncologi provenienti da tutto il mondo per una consensus conference organizzata dal Prof. Guido Cavaletti (Università di Milano Bicocca) sotto l’egida della European Association for Neuro-Oncology.
Il protocollo di studio della consensus conference verrà pubblicato su Journal of Peripheral Nervous System, la rivista del gruppo mondiale di studio sulle neuropatie periferiche.