M.D. numero 22, 20 giugno 2007

Rassegna
La riabilitazione nel paziente affetto da sclerosi sistemica
di Carmela Zotta - Medico di medicina generale, Milano, Responsabile Nazionale Dipartimento di Reumatologia AIMEF

Riconoscere le forme precoci di sclerosi sistemica è un’opportunità per il Mmg per consigliare al paziente un corretto programma riabilitativo, volto ad evitare o a ridurre le deformità che comporta la malattia, oltre che a migliorare la qualità di vita

L
a sclerodermia, una malattia cronica del tessuto connettivo, è un disordine autoimmune caratterizzato da fibrosi della cute, dei vasi sanguigni, di organi e sistemi quali cuore, polmoni, reni, apparato gastroenterico, articolazioni e muscoli. Le cause della malattia sono tuttora sconosciute.
I dati epidemiologici indicano una prevalenza di 12.6-25 casi per 100.000 e un’incidenza tra 0.06-1.9/100.000. La malattia è più frequente nel sesso femminile (rapporto femmine-maschi 3:1), con una maggiore prevalenza in età giovanile (7:1) e minore sopra i 50 anni di età (2:1).
Nonostante si tratti di una patologia abbastanza rara, riconoscere le forme precoci e il relativo trattamento riabilitativo è per il medico di famiglia un’opportunità per diagnosticare precocemente la malattia e consigliare al paziente il percorso per evitare le deformità che essa comporterebbe.
Il primo sintomo è spesso il fenomeno di Raynaud, che causa intorpidimento, formicolio e talvolta dolore alle estremità. La malattia si può anche presentare con manifestazioni a livello delle dita che presentano un ispessimento e un indurimento della pelle, possono sembrare gonfie, facendo perdere alla pelle le sue normali pliche e facendole assumere un aspetto lucido. In seguito all’irrigidimento della cute e dei tendini le articolazioni possono assumere una posizione contratta, possono inoltre infiammarsi e apparire tumefatte, calde e provocare dolore. Poiché i vasi si restringono e si riduce il flusso di sangue, talora a livello delle dita si possono formare ulcere dolenti.
Esistono diversi tipi di sclerodermia:
• una forma localizzata (morfea), che coinvolge solo la cute e non gli organi interni;
• una forma sistemica (sclerosi sistemica), che a sua volta viene classificata, sulla base dell’estensione del coinvolgimento cutaneo, in:
• forma limitata, nella quale sono interessati viso, gambe al di sotto del ginocchio e braccia al di sotto del gomito;
• forma diffusa, definita dall’interessamento della cute al di sopra dei gomiti e delle ginocchia.
In entrambi i casi possono essere colpiti gli organi interni.
In questo articolo ci occupiamo soprattutto del coinvolgimento osteo-articolare, che può comportare mialgie, debolezza muscolare, artralgie, talvolta con segni di artrite.
Le problematiche osteo-articolari vengono valutate con la tecnica radiografica che, in via accessoria, può anche evidenziare riassorbimento delle falangi e calcinosi dei tessuti molli.
L’astenia muscolare può essere secondaria ad atrofia o espressione di una miosite, documentata da:
• elevati livelli di CPK, LDH e transaminasi;
• alterazioni elettromiografiche.
Va ricordato comunque che il malato sclerodermico deve rientrare in un programma multidisciplinare dove accanto al medico di famiglia e allo specialista reumatologo si affiancano altre figure professionali: fisioterapista, terapista occupazionale, agopuntore, infermiere, psicologo, counsellor, assistente sociale.


Programma riabilitativo


Il programma riabilitativo, volto a contenere la disabilità incipiente di questi pazienti, presuppone un’iniziale valutazione utilizzando questionari specifici e deve essere personalizzato e di conseguenza pianificato sulla base dei deficit rilevati. Inoltre deve essere concordato con il paziente, al fine di una sua corretta partecipazione e totale collaborazione, condizione indispensabile per permettergli di proseguire autonomamente il programma riabilitativo ed educazionale al domicilio.

Esame obiettivo e valutazione del paziente


Dopo l’esame obiettivo generale, inizialmente si considerano i distretti maggiormente colpiti (mani, piedi, viso, altri distretti) con un’attenta osservazione della cute nelle sue caratteristiche: colore, calore, secchezza, elasticità, ulcere, calcificazioni, pieghe.
Successivamente si passa alla palpazione per testare il movimento delle piccole articolazioni dei piedi, delle mani, l’articolazione temporo-mandibolare, al fine di verificare le retrazioni, i dimorfismi, le alterazioni, le modificazioni, i range articolari attivi e passivi.
L’analisi globale fa seguito alla valutazione specifica e considera il corpo nella sua postura, condizionata da problematiche cutanee, da risposte antalgiche, legate a funzionalità ridotte a livello respiratorio e da posizioni inadeguate, adottate a difesa e compenso di distretti corporei interessati dalla patologia di base.
Infine la valutazione respiratoria è di fondamentale importanza per quantificare i danni e per potere pianificare i diversi approcci terapeutici:

  • preventivi, se il danno non è ancora presente;
  • di potenziamento, nel caso di una compromissione più importante.
Alla respirazione si deve affiancare il recupero della gestualità, che risulta inibita dalla retrazione cutanea e dal gesto compensativo adottato come risposta al dolore e alla difficoltà respiratoria.

Rieducazione del volto


I pazienti vivono con molto disagio il coinvolgimento cutaneo del volto (l’espressione del viso è la componente più importante nelle relazioni interpersonali) e non tutti sono a conoscenza dell’esistenza di validi approcci riabilitativi.
La valutazione specifica del volto è volta a indagare quali e quante sono le disabilità che il paziente presenta svolgendo le abituali attività della vita quotidiana; quali e quante sono le difficoltà relazionali che incontra e le limitazioni oggettive legate alla cura della propria persona (per esempio lavarsi i denti, il volto, truccarsi, sottoporsi a cure odontoiatriche).
Il trattamento mira al recupero dell’espressività, al miglioramento della fisionomia e alla restituzione delle funzionalità mimiche.
La rieducazione del volto prevede l’utilizzo di tecniche che devono essere necessariamente adottate in maniera consequenziale:
  • scollamento: fa parte delle manovre massoterapiche e consiste nel sollevare in pliche la cute. I principali effetti dello scollamento connettivale si manifestano non solo a livello della cute, ma anche del sistema circolatorio e dell’apparato neuromuscolare;
  • massaggio connettivale reflessogeno: agisce sul volto con un rilassamento muscolare e la vasodilatazione, quest’ultima particolarmente utile nella zona periorale e sotto il mento;
  • linfodrenaggio: ha un effetto drenante e antiedematoso, migliora la microcircolazione grazie all’azione effettuata sulla motilità intrinseca dei vasi;
  • riabilitazione gestuale del viso: permette un recupero dell’espressività, un miglioramento della fisionomia, la restituzione delle funzionalità mimiche, una migliore capacità di muovere la mandibola e le labbra, e svolgere una corretta masticazione e igiene orale. Si avvale di una serie di esercizi che, eseguiti in maniera attiva, coinvolgono e impegnano i muscoli mimici del volto.
Accanto a queste prassi terapeutiche eseguite inizialmente dal fisioterapista è opportuno che la persona individui le terapie che le sono più idonee per continuare in modo autonomo presso il proprio domicilio. In seguito il pazienteno impara ad autogestire le diverse problematiche legate all’interessamento del volto adottando di volta in volta le strategie più opportune. In particolare il programma riabilitativo del viso permette l’acquisizione delle necessarie condizioni per una corretta economia e igiene orale.

Trattamento della mano


La mano ha come funzione principale la prensione che, grazie all’opposizione del pollice alle altre dita, è in grado di afferrare, manipolare e utilizzare qualunque oggetto; quando questo meccanismo viene meno, con il tempo si creano gravi problematiche motorie.
La riabilitazione della mano del paziente affetto da sclerodermia ha come scopo quello di migliorare la qualità della vita; per questo motivo gli obiettivi sono multipli, tra cui recuperare la complessità della funzione gestuale e cercare di prevenire le complicanze secondarie invalidanti. La tempestività dell’intervento riabilitativo può aiutare a prevenire le gravi deformità.
Dopo avere effettuato la valutazione si imposta un piano di trattamento che deve sempre tenere conto degli scopi della riabilitazione in una mano sclerodermica modulati con i bisogni del paziente.
Nello stadio edematoso è utile il massaggio connettivale, che opera una trazione stimolante sul tessuto connettivo sottocutaneo e interstiziale; spesso si rende necessario l’utilizzo del bendaggio Coban (benda elastica applicata sulle parti edematose in modo circolare e progressivo) per ridurre l’edema e per dare la possibilità al paziente di muovere la mano liberamente.
Nello stadio induritivo è opportuno intervenire con esercizi attivi, manipolazioni McMennel, stretching, calore, ortesi.
Nello stadio atrofico assume un ruolo chiave l’economia articolare.
È chiaro che non esiste una netta distinzione fra uno stadio e l’altro, è dunque indispensabile l’integrazione delle tecniche per potere ottenere il massimo risultato possibile consentito dalla malattia.
Anche la terapia fisica ha un ruolo fondamentale nella prevenzione dell’inspessimento della cute utilizzando:
  • bagni caldi, piscine riscaldate e impacchi di acqua calda: sono in grado di ridurre dolore e rigidità;
  • paraffinoterapia: l’immersione della mano nella paraffina calda prima di iniziare una seduta riabilitativa determina una situazione di calore tissutale, con conseguente aumento vascolare e maggiore facilità e capacità di movimento. Le principali controindicazioni nell’utilizzo di questa tecnica sono la presenza di importante edema e di ulcere;
  • applicazione di fanghi: ha effetti analoghi a quelli della paraffinoterapia e dura generalmente trenta minuti;
  • massaggio connettivale: ha lo scopo di conservare il tono e il trofismo dei muscoli della mano e di mantenere la pelle quanto più elastica e morbida possibile;
  • pompage secondo la metodica Bienfait: è utile per l’allungamento del tessuto connettivo fibroso e nel tentativo di migliorare il microcircolo;
  • rieducazione articolare: ha lo scopo di mobilizzare globalmente le articolazioni della mano per prevenire le contratture che determinano una progressiva e marcata impotenza funzionale. Qualsiasi esercizio deve essere effettuato in assenza di dolore.
Inoltre vanno consigliati esercizi attivi, contrazioni isometriche e isotoniche, per conservare il tono e il trofismo muscolare. Il paziente deve eseguire gli esercizi due, tre volte al giorno a casa, da solo, dolcemente, seguendo uno schema con disegni chiari ed esplicativi forniti dal fisioterapista già alla prima seduta.

Trattamento ortesico
La letteratura sul trattamento ortesico della mano scerodermica è scarsa, ma l’esperienza suggerisce che tutori ben confezionati su misura da fisioterapisti specializzati possono risultare molto utili.
L’ortesi viene confezionata per:
• proteggere;
• riposare;
• diminuire l’infiammazione e il dolore;
• prevenire movimenti errati;
• sostituire la perdita della funzione muscolare;
• risolvere contratture di articolazioni rigide;
• vicariare funzioni mancanti.
È opportuno che il medico di famiglia supervisioni il paziente se si manifestano situazioni di criticità: per esempio il materiale termoplastico sulla cute di soggetti anziani, con deficit della sensibilità, può causare dolore, ischemia, lesioni tissutali.

Trattamento del piede


Nella sclerodermia il coinvolgimento del piede determina una doppia problematica: oltre ai danni a livello distrettuale, le conseguenze a livello globale sono più complesse. Il piede è costituito da un insieme di elementi, che trasmettono al sistema nervoso centrale informazioni fondamentali per l’organizzazione del movimento. A differenza della mano, il piede è soggetto a un fattore aggravante, il carico, che comporta continue sollecitazioni pressorie, causa di una distribuzione disomogenea del peso corporeo, il che favorisce l’evoluzione e la gravità delle deformità. Ne consegue che una qualsiasi modificazione corrisponde funzionalmente a un’alterazione di tutta la cinetica articolare.
Nella valutazione del piede sclerodermico bisogna tenere conto soprattutto del morfotipo (alluce valgo, dita a martello, piede cavo, piede piatto) ed effettuare lo studio dell’equilibrio e del cammino, avvalendosi di strumenti valutativi specifici.
Il trattamento riabilitativo si sviluppa seguendo due diverse strategie:
  • distrettuale, seguendo lo stesso criterio strategico utilizzato per la mano.
  • globale, grazie a un’analisi posturale che consente di verificare le diverse gestualità (statiche e dinamiche, in scarico e carico).
Presupposto fondamentale per un corretto approccio riabilitativo sono le buone condizioni di partenza in cui si deve trovare il piede, anche grazie all’applicazione di adeguate calzature, solette e ortesi varie oltre all’idromassaggio.
L’esercizio terapeutico prevede l’utilizzo di tavolette propriocettive, che permettono di ripristinare la relazione suolo-piede-corpo compromessa nella patologia reumatica e di riprogrammare la funzione di analisi della pianta del piede nei confronti della superficie sia come qualità sia come consistenza.

Altre metodiche di trattamento


Alla prassi terapeutica riferita specificamente ai distretti colpiti si affiancano numerose altre metodiche.
Nelle prime fasi della sclerodermia è utile affiancare la riabilitazione in acqua, che svolge un duplice ruolo sia a livello muscolo-scheletrico sia respiratorio.
Le tecniche globali (rieducazione posturale, tecniche di massaggio come manipolazione della fascia e massaggio classico, metodiche di rilassamento come il training autogeno di Schultz, rilassamento progressivo di Jacobson e biofeedback e le cosiddette ginnastiche dolci), hanno un ruolo importante in quanto ripristinano l’equilibrio psicofisico. Un ruolo fondamentale è svolto dal massaggio connettivale reflessogeno, che agisce direttamente sul connettivo, con un’azione vasodilatatrice, decontratturante e ha un’azione riflessa su strutture e organi in quanto la stimolazione manuale del tessuto connettivo provoca, attraverso il sistema cerebro-spinale, un riflesso cuti-muscolo-viscerale.

Economia articolare
Possiamo definire l’economia articolare come un processo che coinvolge direttamente il paziente in un programma educativo volto al raggiungimento della consapevolezza della sua condizione, alla comprensione e partecipazione attiva al percorso terapeutico e alla gestione autonoma del medesimo.
L’economia articolare è fondamentale come complemento nella riabilitazione della sclerodermia, perché suggerisce numerosi ausili che possono sopperire alla perdita di funzione in modo da rendere autonomo il paziente.
Nonostante gli indubbi benefici, l’economia articolare non è una prassi consolidata presso gli operatori del settore, in quanto richiede tempo e disponibilità considerevoli affinché il programma educativo si realizzi, condizione necessaria per contrastare l’aggravamento della patologia.
Per ciascun paziente, quindi, è necessaria un’informazione chiara, dettagliata e, soprattutto, univoca di tutte le modalità che riducono il carico articolare e che consentono di ottenere il massimo benessere possibile.


Aspetti relazionali


Un problema spesso sottovalutato è la gestione da parte del medico di famiglia del coinvolgimento emotivo del paziente affetto da una malattia invalidante come la sclerodermia. È noto come lo stress emotivo possa influenzare in maniera negativa la persona. Per questo aspetto può giungere un aiuto dagli operatori sanitari (counselling e altre terapie psicologiche). Affrontare positivamente la malattia significa già essere a metà strada per sconfiggerla. Un colloquio aperto può essere di aiuto per i familiari e gli amici a comprendere i problemi fisici e psicologici vissuti dal paziente. Spesso tutto ciò permette loro di aiutare meglio il paziente stesso. Parallelamente è utile suggerire di rivolgersi alle strutture preposte per l’assistenza sociale in caso di difficoltà o perdita del lavoro e/o per l’inserimento in programmi di socializzazione.
In termini relazionali sarebbe opportuno che il medico ricordasse al paziente che la malattia può modificare il suo aspetto fisico, ma non cambiare quello che egli è davvero.